RomaQuando finisce un amore (se mai amore sia nato «politicamente» tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini) i due partner passano il loro tempo a rimproverarsi qualsiasi parola, ogni minimo gesto. Tutto quello che fino a poco tempo prima era tollerabile in un batter docchio si trasforma in qualcosa di offensivo e triviale. La separazione, in quei casi, rappresenta un vero e proprio momento catartico.
Le cronache degli ultimi giorni, ricostruite attraverso le dichiarazioni del premier e quelle del presidente della Camera, non lasciano molto spazio alla fantasia: tra i due leader non cè più sintonia. Un dato molto preoccupante vista limminenza delle Regionali. Un film al quale gli attoniti spettatori del Pdl hanno dovuto assistere più volte, un mix tra lesasperante alienazione di Sinfonia dautunno e il tormento matrimoniale di Kramer contro Kramer.
Esterno giorno, Bruxelles, 12 febbraio. «I magistrati si vergognino, si vergognino», afferma Berlusconi indignato dallattacco della Procura di Firenze nei confronti di Guido Bertolaso. Interno notte, Pietrasanta, 22 febbraio. «I magistrati che indagano non devono vergognarsi. Il compito della politica è che ci sia una giustizia autenticamente giusta», replica Gianfranco Fini, ormai tutto avviluppato nel suo ruolo di difensore delle istituzioni senza se e senza ma.
E se il Cavaliere prova solo ad azzardarsi a criticare lindulgenza nei confronti dellimmigrazione indiscriminata che ha determinato un aumento della criminalità, subito lex presidente di An accorre in difesa della «generazione Balotelli». Come accaduto giovedì scorso mentre il premier lanciava i Promotori della Libertà. «La sinistra vuole spalancare le porte agli stranieri, vuole linvasione degli immigrati perché pensa che con loro si possano cambiare i pesi del voto», ricorda Berlusconi. A pochi minuti di distanza, dalla capitale belga Fini fa sapere che «la mia opinione non coincide al 100% con quella del presidente del Consiglio e questo è notorio». Qualcuno potrebbe anche iniziare a domandarsi su cosa siano effettivamente concordi i due «fondatori».
Una escalation culminata con le due cene elettorali di venerdì sera. Mentre a Torino il presidente del Consiglio sosteneva il candidato piemontese Roberto Cota, leghista, Fini promuoveva una raccolta di fondi per i suoi «pierini» di FareFuturo alla presenza della «sua» candidata Renata Polverini. Poteva Gianfranco astenersi dal tacere davanti ai suoi? Ovviamente no. «Non credo di essere in uno Stato di polizia. Se lo fossimo, non ci sarebbe questo livello di evasione fiscale che ritengo il peggior male del Paese», ha rimarcato. Peccato che quarantottore prima il premier avesse denunciato come ormai lItalia sia paragonabile alla fu Ddr perché «siamo già in uno Stato di polizia perché siamo controllati, magari quando siamo al telefono in conversazioni private».
Gianfranco Fini, però, deve avere le scarpe piene di sassolini pesanti come macigni se anche ieri ha voluto rintuzzare le più recenti esternazioni berlusconiane. «Il federalismo sta moltiplicando i costi e non riducendoli», ha sottolineato Fini a Milano. Una frase non certo buttata lì per caso, visto che di recente Berlusconi ha manifestato lintenzione di accelerare sul versante dellattuazione della riforma voluta dalla Lega Nord.
Va da sé che il premier a volte sia costretto a ricordare che il Pdl non è una caserma, ma nemmeno un ostello. «Se la Lega aumenterà il suo peso, non ci saranno problemi», ha rilevato liquidando le rimostranze di Fini che spesso ha tacciato i pidiellini di essere «subalterni» al Carroccio. «Il Pdl è un partito assolutamente democratico dove gli organi si riuniscono e decidono sulle cose».
Ma ieri Fini si è nuovamente smarcato: «Il Pdl non deve galleggiare, deve fare le riforme e non parlare di par condicio». Proprio quella par condicio che Silvio ha definito «liberticida e assurda», in pratica da abolire. Passerà il processo breve? «Il verbo è al futuro ed è una ipotesi», replica pronto linquilino numero uno di Montecitorio. E quando il coordinatore del partito, Sandro Bondi tira le orecchie a FareFuturo, spintasi con le proprie elucubrazioni oltre i confini intellettuali del Pdl, il presidente della Camera lo ringrazia chiamandolo «caporale di giornata».
Stessa verve polemica manifestata anche nei confronti dellottimismo berlusconiano.
Non cè da meravigliarsi, quindi, che il Cavaliere abbia manifestato lintenzione di «azzerare tutto». Il predellino dal quale aveva lanciato lidea del Pdl, a furia di prender colpi a destra e a manca, sè rotto.