Nella prefazione al suo libro-trattato sulla tauromachia, «Toro», Jean Cau (Prix Goncourt 1961) difende la corrida dallaccusa di essere uno spettacolo essenzialmente fascista, permeato comè di barbarie, rito, cerimonia. Sesso, sangue, morte e passato. Il Cau, che per anni - parole sue - aveva poppato alle mammelle della sinistra (fu segretario di Sartre), nel demolire tale accusa, conclude così: «A condizione di cambiare ora la serratura, ora la chiave, il marxismo apre tutte le porte delle torri dove sono rinchiusi i problemi. Niente di più facile che tagliare un capello in quattro nel senso della lunghezza, o assediare la realtà con un esercito di parole».
Sono passati 50 anni e mi sembra che nulla sia cambiato. Non le pare che, in buona sostanza, la caduta del Muro di Berlino non abbia modificato la forma mentis dei marxisti vecchi e nuovi? Non le pare che a furia di spaccare il capello in quattro siano riusciti ad anestetizzare i crimini del comunismo denunciati da quei biechi reazionari che rispondono ai nomi di Kruscev e Gorbaciov? Si è fatto il processo a Padre Pio e non si è ancora trovato il tempo per farne uno al marxismo-leninismo.
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