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Il muro di Genova, vent’anni dopo Berlino

Lei si chiama Disir Zulfia Ardens. È dolce. Dolcissima. È stata la star di tanti cortometraggi storici sulla caduta del muro di Berlino. Scodinzola. Ha il manto nero. È coccolata da tutti. Ma quando si mette in posa davanti a quei mattoni, proprio come una star, fa la faccia da cattiva. Così come la fanno le altre tre comparse scelte dai giovani del Pdl nel giorno della commemorazione. Tutti con indosso le divise mimetiche Grentruppen. Cioè quei militari che affiancavano i «vopos» della volkspolizei per pattugliare la cortina di ferro. Sono le 14,30 di ieri e Aurelio, soldato cinofilo, fa il passo dell'oca seguito dal suo fedele dobermann. Poi c'è Paolo, graduato con la divisa da guardia di garritta, che lo segue alzando gli stivali in avanti. Entrambi sotto il rigido sguardo di Curzio, capitano inflessibile della grentruppen che sfodera una Walther P38. Per la cronaca, la stessa semiautomatica usata da Tognazzi che nel film su Guido Rossa interpretava il brigatista assassino. Intorno una cinquantina di persone. Mica tante, ma considerata la giornata feriale e il freddo, non poteva che andare così.
E, a fare da cornice, un muro di cartone lungo una decina di metri eretto dai giovani del centrodestra in piazza Martinez e poi abbattuto fra gli applausi. Nel cuore di un quartiere rosso genovese.

Proprio per sottolineare come, nella nostra città, ci siano ancora muri da abbattere. Quelli dell'indifferenza degli enti locali che non hanno celebrato degnamente il 9 novembre e quelli delle giunte che, come in provincia, sono ancora ostaggio dei comunisti della sinistra radicale. (...)

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