Secondo Daniel Libeskind strizza insieme l’occhio alla milanesità perché coperto come il Duomo dal marmo di Candoglia e perché ispirato ai nuovi «stili di vita» made in Milano, con tanto di Spa termale, cafeteria, giardino pensile e bookshop. Lettura che il griffatissimo architetto fa di qualcosa come 18mila metri quadrati spalmati su cinque piani, con una forma che si sviluppa con torsioni: il quadrato alla base diventa un cerchio alla sommità e salendo forma facciate a gradinate inclinate. Particolari di un concept, la quadratura del cerchio, liberamente ispirato ai disegni di Leonardo e, quindi, ancora testimonianza di milanesità.
Tuttavia il neonato progetto del Museo d’arte contemporanea a Citylife non avrà vita facile. Infatti, l’ordine degli architetti ha presentato al Tar un ricorso contro «la delibera di approvazione della variante del programma integrato d’intervento relativo alla Fiera di Milano». Ricorso che, in dettaglio, riguarda la parte della convenzione dove si prevede «l’affidamento della progettazione dell’edificio destinato ad ospitare il Museo senza procedura di gara». In soldoni, l’ordine degli architetti richiama «al rispetto delle norme che regolano il mercato della professione e alle quali sono sottoposti sia gli operatori privati che i progettisti e le pubbliche amministrazioni». Norme che, carta alla mano, impongono «l’affidamento dell’incarico di progettazione tramite una “procedura di evidenza pubblica“» ovvero tramite un «concorso di progettazione oppure una gara per titoli ed offerta economica».
Un atto - chiosa Daniela Volpi, presidente dell’ordine degli architetti - al quale «sarebbe stato impossibile sottrarsi trattandosi di opera pubblica finanziata con risorse (quaranta milioni di euro, ndr) che, altrimenti, sarebbero entrate nelle casse del Comune di Milano». Naturalmente, l’obiettivo del ricorso al Tar «non è impedire la costruzione del Museo cioè danneggiare la città e privare i milanesi di una grande opera» bensì «difendere l’applicazione di leggi comunitarie» e di fatto «permettere a tutti di accedere, con pari opportunità, alla progettazione di opere di grande interesse collettivo».
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