Musharraf cede agli Usa: elezioni entro il 9 gennaio

In Pakistan il «primo passo positivo» è arrivato ieri con l’annuncio del presidente Pervez Musharraf che il Parlamento sarà sciolto giovedì e le elezioni per il suo rinnovo si terranno entro il 9 gennaio. La notizia è stata data nella prima conferenza stampa che il generale ha tenuto da quando è in vigore lo stato d’emergenza e la Costituzione è stata sospesa. I provvedimenti sono stati imposti sabato 3 novembre e hanno trasformato il Pakistan in una mina che minaccia di esplodere da un momento all’altro.
L’annuncio di Musharraf è stato definito «positivo» sia dal segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, sia dalla principale oppositrice del presidente, l’ex premier Benazir Bhutto, che ieri è partita per Lahore. Da lì domani - stato d’emergenza permettendo - prenderà il via la «lunga marcia» di protesta, che porterà la leader del Pakistan People's Party fino a Rawalpindi in un percorso di quasi 300 km. Ma non è detto che il programma salti all’ultimo momento perché la Bhutto - che si chiede come un Paese possa votare se è in vigore lo stato d’emergenza - si appresta a sfidare apertamente la disposizione che vieta i raduni pubblici, e rischia di finire di nuovo agli arresti domiciliari, come è avvenuto venerdì scorso. In quell’occasione il governo non ha parlato di detenzione ma di «protezione», e non è escluso che Musharraf decida di «proteggere» ancora la sua principale oppositrice.
Musharraf ha anche annunciato che farà in abiti civili il giuramento per il suo secondo mandato da presidente, ottenuto nelle elezioni del 6 ottobre. Questo significa che rinuncerà alla carica di capo delle Forze armate, carica che gli ha consentito di imporre lo stato d’emergenza e di sospendere la Costituzione. La rinuncia alla divisa è sempre stata la condizione che la Bhutto pretendeva per realizzare quella spartizione di poteri che le permetterebbe di diventare di nuovo primo ministro. Ma Musharraf non ha detto quando lascerà la carica. L’altra data non indicata è quella sulla fine dello stato d’emergenza. Ed è questo il principale problema internazionale del generale. Stati Uniti e Unione Europea hanno chiesto «il ritorno alla normalità» del Pakistan.
Alle dichiarazioni fatte da Musharraf a Islamabad sono seguite quelle di Washington. La Rice, parlando all’emittente televisiva Abc, ha detto che la notizia della data delle elezioni è un «segnale positivo», ma che lo stato d'emergenza deve finire «il prima possibile». Il segretario di Stato americano ha ribadito che Musharraf resta un alleato al fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo islamico di Al Qaida, nonostante stia attraversando un «momento difficile».
Ma l’annuncio più preoccupante arriva dal procuratore generale, Malik Mohammed Qayyum. Da ieri i tribunali militari potranno giudicare anche gli imputati civili per accusa di «tradimento, sedizione e dichiarazioni che incitano alla sommossa pubblica».

Questo significa che la Bhutto potrebbe comparire davanti a una corte militare a causa della sua «lunga marcia». Le parole di Qayyum nascondono la volontà di Musharraf di annientare il potere giuridico civile incarnato nella Corte suprema, diventata l’altro suo grande oppositore.

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