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La musica è diventata un film porno

Per promuovere i dischi immagini sempre più spinte. E quel che ieri era un tabù, oggi è solo pornografia. Un discografico fa la morale. Ma in passato lui stesso ha razzolato male

La musica è diventata un film porno

Terribili i pentiti quando accusano qualcuno del misfatto di cui un tempo loro stessi erano stati colpevoli. È il caso di Mike Stock, produttore discografico stanco di vedere associate alla musica cantanti discinte, scomposte, provocanti: video-music al limite della pornografia. Nessuno protesta, allora è lui a denunciare la valanga di volgarità sempre più incontenibile. Chi bisogna difendere, a favore di chi si alza il grido d’allarme del discografico pentito (perché era proprio lui una volta uno di quelli che calcava la mano per avere video oltre la decenza), insomma chi bisogna tutelare? Ovvio, i giovani.
I maggiori fruitori di musica sono i ragazzi e, quindi, un occhio di riguardo verso la qualità delle loro percezioni estetiche, che incidono immediatamente sull’educazione, bisogna giustamente averlo. Proibire video quasi pornografici, studiati appositamente per catturare l’attenzione del fruitore di musica, sembra la cosa più di buon senso da fare.

Però la proibizione nasconde sempre una debolezza da parte di chi prende la decisione. Una debolezza analoga a quella di chi decide di chiudere la stalla quando i buoi sono ormai scappati.
Siamo passati da situazioni in cui il nudo, la sessualità si dovevano contenere in una silenziosa ipocrisia (non solo immagini caste, ma anche linguaggio casto), a una realtà come la nostra in cui appare patetico e retrogrado coprire le proprie membra discretamente e usare espressioni educate che non facciano riferimento ad ogni punto e virgola a parti sessuali. Prima un comportamento da repressi che conosce bene la generazione che ha passato il mezzo secolo d’età; oggi un’assoluta disinvoltura di fronte a tutto ciò che è erotismo, sessualità, nudo.

Dobbiamo difendere i giovani da questa crescente marea in cui la pornografia viene accolta come una fatalità? Certo, ma come li dobbiamo difendere?

Un piccolo episodio, naturalmente in tema, vale la pena di raccontare. Nel negozio di una città di mare, la commessa non solo serve la clientela in topless, ma nei momenti di pausa si spalma voluttuosamente di crema il seno, al punto che chi la osserva può avere il dubbio se la ragazza abbia davvero bisogno di ammorbidire la pelle o sia un gesto provocatorio ben calcolato per attirare la gente in negozio in un momento di calma.

Da un lato il discografico, dall’altro la commessa rappresentano i due problemi per capire dove siamo finiti.

Incomincio dall’erotica e provocante commessa. È seminuda e si esibisce perché nessuno le dice niente, perché viene tollerata. Nella situazione specifica la ragazza torna a vestirsi e ad avere un contegno decente non appena una signora non tollera la sua esibizione e protesta affinché qualcuno intervenga e restituisca un po’ di decoro al negozio.

Dunque, la reazione di chi non ha tollerato è stata un caso isolato, perché, nella generalità, nessuno proverebbe un minimo di indignazione.

Il discografico, invece, rappresenta il problema della pubblicità. L’attenzione si cattura quando si esce dall’indifferenza. La scorciatoia più facile ed efficace è quella che usa il nudo e l’erotismo per acchiappare la curiosità delle persone verso ciò che il messaggio suggerisce. È un’esperienza che si può verificare senza difficoltà: la pubblicità alza l’asticella, proponendo immagini sempre più provocanti, sempre più erotiche, e la pornografica diventa alla fine un fertile terreno per suggestionare il pubblico.

E così arriviamo ai giovani. Difficile difenderli dall’ondata di indecenze, perché l’indecenza viene tollerata (episodio della commessa) e la pubblicità che - diciamo così - dovrebbe scandalizzare, scandalizza solo qualcuno: per esempio, Mike Stock, che proprio non ne può più come quella signora che non tollera la commessa con il seno nudo davanti a suo figlio.

Si può proibire, certo, la pubblicità che sconfina con la pornografia, ma ormai non si retrocede da quell’invasione di nudo ed erotismo che sono il pane quotidiano degli annunci per gli acquisti e che, indubbiamente, compromettono la psiche dei ragazzi emotivamente più fragili.

Si può invocare un po’ meno tolleranza, incoraggiare le persone a protestare quando si superano i limiti della decenza, ma mi accorgo che ormai non si è più sicuri di ciò che non si può tollerare, così si finisce per tollerare tutto per non fare la figura dei parrucconi.
Sono, però, convinto che questi fenomeni di pornografia e di tolleranza sono figli del cattivo gusto, dell’incapacità di capire dove siano le cose belle e dove quelle brutte.

È doverosa perciò l’educazione estetica, perché porta a un’autentica e non moralistica educazione etica. Quali educatori? Quelli di sempre: genitori e insegnanti. Il problema è trovarne capaci di svolgere quel compito.

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