Musica, le scommesse del 2011

Musica, le scommesse del 2011

C’è un mondo di fedeli alla linea che resiste alla tentazione del download per la felicità degli ultimi negozi rimasti. I clienti abitudinari di questi luoghi hanno un loro modo di rispondere alla crisi del disco: si rivolgono a quell’universo indipendente ricco di piccoli capolavori che certamente non andranno mai in classifica eppure apporteranno qualcosa alla storia sonora di oggi e di domani.

Il 2010, per esempio, ci lascia in eredità almeno una manciata di gioielli e qualche decina di canzoni struggenti e malinconiche, a conferma che il nuovo va più che mai cercato all’interno della tradizione: da quando anche l’elettronica pare aver esaurito la spinta avanguardista sono proprio le canzoni di tre-quattro minuti, dall’andamento lineare e semplice, il più ricco bacino di emozioni e sensazioni autentiche.

Il disco indie più bello dell’anno appena passato (parere dell’autorevole rivista Mojo) è Queen of Denmark di John Grant, ex leader degli Csar di Denver, già collaboratore dei Midlake (altro ensemble iper-romantico), capace di regalare melodie mai melense incentrate sulla storia personale dell’autore e sulla sua difficoltà di essere gay nella provincia americana. Di eccellenti canzoni è ugualmente composto High Violet, quinto album dei National, formatisi a Cincinnati nel ’99 e attivi nel giro di Brooklyn. Lavoro che sfrutta la vena pop-wave dei precedenti, contaminandola di suoni acustici e rarefatti. Meno Joy Division e più Jeff Buckley, insomma. Appartengono dunque alla categoria dei songwriter le migliori esperienze del 2010, ad esempio il promettente debutto degli Avi Buffalo, una teenage band californiana -il cantante ha 19 anni- che mescola Beatles, Surf Pop e cantautorato classico.

Rivisitando operazioni più concettuali è impossibile non affacciarsi invece sulla scena elettronica che pure si presenta più contaminata rispetto ai beats martellanti di metà decennio. Di ottimo livello il ritorno discografico di Caribou, matematico e compositore canadese, che in Swim ha completato il pastiche sonoro tra l’artificiosità del laptop e la forma conchiusa della canzone. Straordinarie anche le Appendices, doppio cd di remix ed outakes che aggiornano il progetto di DM Stith, graphic designer, artista visivo, amico di Sufjan Stevens (un mito dell’indie intelligente, decisamente troppo cerebrale per i nostri gusti) a doppiare l’esordio col botto del 2009 di Heavy Ghost. E in Italia? Approdati definitivamente al mainstream i Baustelle, appurato il trito ideologismo di Vasco Brondi nella seconda prova firmata Luci della centrale elettrica, si segnala il gruppo bellunese Non voglio che Clara al terzo album Dei cani, mix tra la canzone nostrana (immaginatevi di frullare insieme Patti Pravo, Piero Ciampi e Luigi Tenco) e il post-rock in stile Mogwai.

Il 2011 si aprirà presumibilmente con l’esordio di un nuovo enfant-prodige della scena elettronica UK, il 21enne James Blake predestinato a bissare il successo di Burial, ancora più oscuro e metropolitano, molto elegante e raffinato. Secondo Sergio Ricciardone, dj e animatore di Club to club, questo sarà anche l’anno di Hype Williams, ancora atmosfere claustrofobiche e noir; e di Jamie Woon, astro nascente della scena soul bianca. Su tutt’altre tendenza vira Alberto Campo, caporedattore di Rumore e condirettore del Traffic Festival, insistendo sul vintage anni ’60 che a molti ricorderà la giovinezza hippie dei tempi che furono. Sicura protagonista l’etichetta Fat Possum di Oxford, Mississipi (nel 2010 ha battezzato l’ultimo eccellente lavoro di Band of Horses, via di mezzo tra Neil Young e i Supertramp) con gli esordi di Tennis, Yuck e Smith Western, nomi da annotare anche se al momento dicono ancora poco. Sarà anche la conferma della scena chill wave americana, genere molto in voga tra l’elettronica e la psichedelia, i cui prossimi debutti si chiamano Toro y Moi, Memory Tapes e How to Dress Well, in uscita tra gennaio e febbraio.

Sul web si dice un gran bene del nuovo cd della cantautrice Joan as a Police Woman, The Deep Field, amica di Antony e Devendra Banhart, in versione più pop

e sfrontata dei precedenti lavori. E forse il 2011 sarà l’anno del rilancio dei Verdena, bergamaschi definiti a tempo debito i Nirvana italiani, che presentano Wow in tour dal 26 gennaio al Circolo degli Artisti di Roma.

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