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Con Mussari all’Abi, banchieri alla svolta

RomaLo stato di salute delle banche italiane è «ottimo». Giuseppe Mussari, eletto ieri alla presidenza dell’Abi, non è stato prodigo di parole. Un po’ per la sua proverbiale ritrosia un po’ perché ha preferito rinviare all’esecutivo del 28 luglio l’esposizione del proprio programma. Le uniche considerazioni che si è lasciato sfuggire riguardano gli esiti degli stress test per gli istituti di credito accodandosi alle considerazioni di Mario Draghi. «Non si può che essere ottimisti così come il governatore».
E dagli auguri di Draghi bisogna partire per inquadrare gli obiettivi del neopresidente: «Accompagnerà il nostro sistema bancario in una fase gravida di insidie ma anche di opportunità». La stessa indicazione di Mussari, in fondo, segna una svolta per l’Abi, finora quasi sempre presieduta da banchieri di lungo corso provenienti da istituti medio-piccoli. La designazione del presidente di Mps può essere paragonata all’elezione di Montezemolo in Confindustria nel 2004. Non a caso proprio Emma Marcegaglia si è detta fiduciosa in un riavvicinamento dopo un po’ di gelo.
A fianco di Mussari ci saranno quattro vicepresidenti. Il «regista» della candidatura senese, Antonio Patuelli (Cr Ravenna), oltre a essere vicepresidente vicario avrà le deleghe per la riforma dello statuto, Giovanni Pirovano di Banca Mediolanum alla modernizzazione delle tecnologie, Corrado Sforza Fogliani di Banca Piacenza all’innovazione normativa e Guido Rosa dell’Aibe ai rapporti internazionali. La scelta del numero due dell’Acri come vicario non è casuale. Mussari non intende trascurare Siena e il tandem con l’esperto Patuelli si rivelerà fondamentale. Nel consiglio di presidenza siederanno due invitati permanenti oltre al dg Giovanni Sabatini. Il primo sarà il neopresidente per gli affari sindacali Francesco Micheli. Il manager tornato a Intesa avrà il compito di concludere il rinnovo contrattuale. I piccoli istituti saranno rappresentati da Camillo Venesio. I banchieri da Mussari aspettano un risultato: una normativa fiscale più favorevole ed è su questa base che si è formata l’ampia convergenza sul manager che viene dalla sinistra ma non dispiace al centrodestra.


Sul fronte fiscale il ministro Tremonti, parlando in forma privata ai banchieri (il tradizionale discorso è saltato per la fiducia sulla manovra), ha messo le mani avanti: «Ormai i governi considerano l’austerity un vero e proprio programma». Ma ha lasciato la porta aperta a una possibile semplificazione delle leggi.

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