Ok, il duello è fissato. Il vicepresidente del consiglio regionale, Luigi Morgillo, accetta la sfida lanciatagli dal senatore Enrico Musso dalle colonne del Giornale. E offre allex candidato sindaco anche la scelta delle armi (sempre politiche, per carità) e del luogo. Il terreno di scontro è la presentazione del disegno di legge di riforma elettorale in senso maggioritario avanzata da Musso.
Morgillo, lei vuole deferire Musso ai probiviri. Non le pare eccessivo?
«Il deferimento che intendo presentare, se non si arriverà a un chiarimento, non riguarderebbe la proposta di legge elettorale del senatore, della quale peraltro non condivido i contenuti e che ritengo non essere in sintonia con le linee guida del nostro partito. Non spetta a me sindacare sull'attività che Musso svolge in Senato, quasi sempre in disaccordo con il resto del Pdl».
E allora?
«Credo che le sanzioni dovrebbero scattare per l'uso strumentale che Musso fa del Popolo della Libertà. Mi spiego meglio. Il senatore spara continuamente bordate e distinguo sul partito di cui fa ancora parte, e sottolineo ancora. Assume atteggiamenti che sono lesivi per la dignità e l'immagine del Pdl in Liguria e, fatto ancor più grave, si prepara a fare il candidato a sindaco di Genova in concorrenza con il Popolo della Libertà».
Non cè vincolo di mandato. E Musso ha spiegato che oltre la metà dei voti in dissenso dal Pdl è arrivata sullunico provvedimento del testamento biologico.
«Sarebbe per me troppo lungo elencare tutte le volte che, con il suo operato, ha portato discredito al partito. Sarebbe logico e trasparente che Musso avesse già spiegato agli elettori che lo hanno eletto o nominato (scelga lui il termine, visto che il suo ingresso in Senato è avvenuto con una legge elettorale che lui ora critica e addirittura in qualità di capolista del Pdl) i motivi per cui per ben 223 volte ha votato distinguendosi dal resto del Popolo della Libertà. Continua a lamentarsi dell'assenza di dialettica all'interno del partito: mi pare, al contrario, ci sia stata una enorme tolleranza per il suoi comportamenti».
Ci vorrebbe meno libertà interna?
«La dialettica è importante, fondamentale all'interno di un partito, perché è dal confronto che nascono le idee. Ma ciò che mi distingue dal senatore è il fatto che io credo si debba discutere, anche in maniera molto accesa, all'interno di uno schieramento politico, ma alla fine della discussione si deve assumere una decisione e poi sostenerla unitariamente. Quando ci sono divergenze all'interno del partito, queste si dirimono con il democratico criterio della maggioranza. Questa è la democrazia, all'interno di qualsivoglia organismo o entità».
Musso è troppo libero?
«L'alternativa che vuole rappresentare Musso è una posizione di comodo: in sostanza ritiene, a priori, che ciascuno possa fare ciò che vuole, senza rispondere all'elettorato del nostro partito. Ma in questo modo si rischia di entrare in contraddizione con lo spirito, gli ideali (e non mi soffermo sui valori puramente etici e morali che sono strettamente legati alla coscienza di ognuno di noi, come nel caso del testamento biologico) che sono alla base di un partito di centrodestra e di entrare in contrasto con la posizione assunta dagli altri componenti dello schieramento, in Comune o in Senato che sia».
La base è con lei o con Musso?
«Vedremo. Prendiamo, ad esempio, la posizione pro moschea a Genova. È convinto il senatore che gli elettori del centrodestra, quelli che hanno votato la lista da lui guidata, condividano la sua scelta? Ricordo di recente la posizione assunta in Senato da Musso che ha preferito non votare sul processo breve. Ma questi sono soltanto alcuni dei molti esempi che potrei elencare».
Si sente già in vantaggio?
«Comunque non posso esimermi dalla sfida lanciatami dal senatore che mi invita ad un confronto pubblico. A lui la scelta delle armi o, meglio, dello strumento e del luogo di questo confronto che, sono certo, sarà chiarificatore, per noi e soprattutto per gli elettori del Pdl che chiedono certezze. Ma, mi auguro che Musso non voglia sprecare questa occasione di confronto per parlare soltanto della legge elettorale che, come ho cercato di spiegare, rappresenta semplicemente la duecentoventiquattresima volta di Musso in contrasto con il partito».
E se Musso passasse con Fini?
«In Liguria Musso sta al Pdl, come a livello nazionale Fini sta al Popolo della Libertà. Oramai abbiamo scoperto il gioco: il senatore ha deciso di candidarsi a sindaco di Genova con una lista civica in competizione con il Pdl».
Sarebbe quindi roba da esplusione?
«Non intendo criticare questa sua scelta, ma chiedo venga messa da parte l'ipocrisia. Da un lato il partito non può continuare a far finta di niente. Dall'altro, Musso non può continuare a stare in un partito, continuando a criticarlo e a metterlo in cattiva luce.
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