Giona A. Nazzaro
I l giovane Holden per i giovani musulmani americani. Questa è la suggestiva definizione coniata da Carl Ernst, docente di studi islamici presso l’università del Nord Carolina, per The Taqwacores, il romanzo d’esordio di Michael Muhammad Knight pubblicato in Italia con il titolo Islampunk da Newton Compton Editore. Un fenomeno sotterraneo, quello dei Taqwacores, che ha attraversato buona parte degli anni Zero per venire alla luce compiutamente solo di recente. Rispetto alla diffusione del metal estremo in Medio Oriente, testimoniata da Heavy Metal in Baghdad di Eddy Moretti e Suroosh Alvi, l’epifania Taqwacore si presenta con caratteristiche proprie legate strettamente alla figura di Michael Muhammad Knight, un’affascinante sintesi di combat mullah, agit prop, hardcore punk, libero pensatore, performance artist, scrittore e, soprattutto, appassionato ricercatore di un’esistenza all’interno dell’Islam libera dai settarismi delle opposte fazioni degli integralisti e dei pregiudizi razzisti.
Taqwacore è un neologismo ottenuto ibridando la parola araba «taqwa», che indica la persona pia, timorosa di Dio, e, ovviamente, l’inglese hardcore. Michael Muhammad Knight, di origine irlandese, educazione cattolica, passato attraverso un inferno di abusi domestici dovuti al padre suprematista bianco, si avvicina all’Islam attraverso le citazioni di Malcolm X dei Public Enemy. «Ho parlato con RZA un paio di volte. Si rifletteva sul lascito del Wu Tang Clan e lui, serissimo, affermò che l'elezione di Obama era in parte riconducibile anche al Wu Tang. Lì per lì ho pensato che si trattava di manie da rock star. Ma poi, ripensandoci, ho capito che aveva ragione. Chuck D sosteneva che l’hip hop era la CNN dei neri. Ed è vero. Dove sono cresciuto c’erano solo campi di grano e si ballavano quadriglie. Il rap era la mia unica fonte di informazione. Tutto ciò che sono è dovuto ai Public Enemy. Senza di loro non avrei letto Malcolm X. Non da ragazzo bianco cresciuto in una fattoria. Non sarei mai entrato in una moschea. Non sarei mai andato in Pakistan. L’hip hop ha costruito più ponti e ha aperto più porte di qualunque altro fenomeno culturale nella storia della cultura americana».
Dopo avere scoperto la biografia di Malcolm X scritta da Alex Haley, si converte all’Islam a 15 anni. A 17 si trova già in Pakistan, a Islamabad, nella moschea di Faisal, dove abbraccia l’ortodossia islamica. In questa periodo, rischia di andare in Cecenia a combattere contro i russi ma le divisioni dogmatiche interne all’Islam lo portano ad allontanarsi dalle forme organizzate del culto. Di ritorno negli Usa, scrive The Taqwacores, libro che mette in scena una fittizia comune di punk islamici che nelle intenzioni di Knight doveva sancire il suo distacco dall’islam ufficiale. Curiosamente, ed è qui che sorgono i paralleli con Jack Kerouac, questo libro, fotocopiato e distribuito gratuitamente a concerti hardcore, inizia a essere letto e diffuso fra i giovani musulmani americani. Convinti che il libro raccontasse di persone e situazioni realmente esistenti, numerosi lettori iniziano a contattare Knight chiedendogli lumi su una scena punk islamica che in realtà non esisteva. Non ancora almeno. La diffusione clandestina del romanzo incuriosisce la Alternative Tentacles che offre all’autore una proposta per una distribuzione favorendone così la definitiva affermazione nei circuiti underground. Curiosamente in Inghilterra il libro è stato pubblicato omettendo alcune delle situazioni più blasfeme e oltraggiose per timore di fatwa da parte di gruppi integralisti.
Con una torsione fra fiction e realtà, i lettori di Knight s’incaricano di porre in esistenza il mondo immaginato dallo scrittore. Rispetto a Heavy Metal in Baghdad, dove sostanzialmente un modello occidentale viene adottato per esprimere la propria alterità, il movimento Taqwacore tenta, a partire dalla fede islamica, di pensare un’identità altra. Alternativa sia ai dogmi religiosi che alle chiusure reazionarie occidentali. E soprattutto si muove da Occidente verso Oriente. La diffusione del primo libro di Knight, che nel frattempo ha firmato anche The Blue-Eyed Devil, The Five Percenters, Osama Van Halen, Impossible Man, Or, F. Scott Fitzgerald and the Rise of Islam e Journey To The End of Islam, ha dato non solo corpo a una comunità che non esisteva prima della pubblicazione del suo romanzo ma ha aperto un dibattito drammatico in seno alla comunità islamica americana rivelando una realtà molto più articolata di quanto le cronache giornalistiche permettessero di ipotizzare.
Nonostante il carattere sotterraneo del lavoro di Knight, il movimento Taqwacore è forse il fenomeno culturalmente più rilevante sorto in ambito musicale dai tempi lontani della seconda generazione di black metal. L’Islam, in quanto aggiornamento generazionale di una teenage angst da sempre consustanziale alle sottoculture musicali, fornisce un collante identitario forte messo però immediatamente in discussione proprio nelle sue articolazioni più dogmatiche. Il movimento, infatti, è costituito per la maggior parte da ragazzi statunitensi di origine araba, pachistana, irachena che attraverso l’Islam tentano di riformulare la loro identità di credenti, americani e musicisti. In quest’ordine. Americani che si scoprono musulmani e arabi in America. La profonda rottura introdotta dal movimento Taqwacore in seno sia alla comunità hardcore che statunitense e araba-americana è testimoniata con grande precisione sociologica dall’ottimo documentario Taqwacore: The Birth of Punk Islam di Omar Majeed. I prime mover della scena ci sono tutti. Da Knight a Sena Hussain dei Secret Trial Five (Hey Hey Guantanamo Bay), a Marwan Kamel e Kourosh Poursalehi.
A bordo di un furgone verde, decorato con la bandiera verde dell’Islam, mentre quella USA è posta strategicamente sul predellino della vettura, in modo tale che chiunque voglia aggregarsi ai Taqwacore non possa fare a meno di calpestarla, Knight e i suoi amici si mettono in viaggio alla ricerca di giovani musulmani punk.
«Credevo in una versione di Islam molto restrittiva», racconta Michael Muhammad Knight. «Così restrittiva che quando stavo in Pakistan, la gente mi diceva che non potevo apprendere nulla dell’Islam a meno che non mi recassi in Arabia Saudita. Mi dicevano che in Pakistan l’Islam era troppo diluito e che dovevo andare lì dove c'era il vero Islam. All’epoca accettavo questo punto di vista. Gradualmente, però, mi sono iniziato a chiedere perché mai questa gente fosse così sottomessa al potere dell’Islam saudita. Così, poco alla volta, ho iniziato a guardare all’Islam come un americano. Inevitabilmente tornavano le solite accuse e i rimproveri: l’Islam americano è troppo diluito; i musulmani americani non sanno quello che fanno».
Anche i compagni di viaggio di Knight tentano di trovare il proprio posto in relazione all’Islam. Il momento più illuminante del film di Omar Mayeed è senz’altro quando le videocamere seguono Knight e i suoi al convegno dell’ISNA (Islamic Society Northern America). L’atmosfera che si respira è così chiusa che Shahjehan Khan esclama, tra il serio e il faceto, «Questi mi fanno venire voglia di ricominciare a bere!». L’apice dello scontro si verifica quando salgono sul palco le Secret Trial Five e vengono costrette al silenzio dal servizio d’ordine che invoca l’intervento della polizia. Le donne non possono fare musica o cantare. È haram: proibito. L’esibizione viene interrotta dopo poco minuti. Knight tenta di incitare i giovani musulmani presenti a ribellarsi all’intervento degli agenti bianchi. «I maiali sono haram nell’Islam!», urla. Mentre Sena, musulmana e dichiaratamente lesbica, urla frustrata come un’ossessa: «Le mie corde vocali sono haram nell’Islam!». Successivamente Mayeed segue la carovana di Knight in Pakistan dove i Taqwacore pensano di introdurre il punk come arma di insurrezione giovanile e sono costretti a prendere atto di un fatto nuovo. In una società sostanzialmente povera come quella pachistana, «la musica rock è per i ricchi, mentre quella tradizionale è per i poveri». Un gap di classe apparentemente insormontabile. Un concerto viene interrotto a causa di una minaccia d’attentato. Senza contare il pericoloso valore eretico rappresentato dalle convinzioni di Knight. «Per quanto riguarda le eresie, devo dire che Hakim Bey ha avuto una profonda influenza su di me nell’aiutarmi a immaginare l’Islam come qualcosa di mobile, non codificato, creativo. Mi ha aiutato a pensare le eresie in una maniera positiva». Poco alla volta, Knight decide, seguendo l’esempio dei Beatles e del loro concerto sul tetto di un albergo, di promuovere un evento punk attraverso il classico volantinaggio fai da te. Nonostante la folla certo non oceanica, alla fine si poga e si ride. «Loving benevolent chaos», ride soddisfatto Michael Muhammad. «Credo che il fulcro dell’hip hop, del reggae e del punk siano giovani senza illusioni che fanno musiche di resistenza. Per questo motivo ritengo che ci siano molte più affinità tra questi generi di quante la gente comunemente non voglia riconoscere». Sempre più a fondo nelle questioni relative alle specificità di un islamismo americano, Knight è diventato ormai un personaggio rispettato anche dalla comunità afroamericana, soprattutto in seguito ai suoi studi dedicati ai cosiddetti 5 Percenters (una ramificazione della Nation of Islam). «La lezione di fondo è questa», spiega Knight. «C'è il 10% che sono i ricchi, i succhiasangue che rendono schiavi i poveri insegnando loro che ciò che in cui credono non è vero. Poi c’è l’85% che è cieco, stupido e sordo, schiavi della morte mentale e del potere. E infine c’è il restante 5%. Gli umili maestri virtuosi. Coloro che si riconoscono come autentiche e viventi divinità. Io sono un musulmano. Credo nel Dio del mistero. Ma non mi definirei uno dell’85%, perché gli insegnamenti dicono che l’85% è schiavo della morte mentale e del potere. Così mi è stato rivelato da un Dio. Per me l’85% sono quei musulmani che si sottomettono ciecamente al potere degli imam.
O i cristiani che si sottomettono ai preti. Io posso essere un musulmano e non sottomettermi a ciò che affermano i musulmani dell'Arabia Saudita. Mi sto riprendendo Gerusalemme dalle mani del Diavolo. Rivendico il mio potere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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