Niente da dire. Come usa la bacchetta Riccardo Muti, non c’è nessuno. Per dirigere, e per tirare una staffilata sulla bocca a quelli che... l’Italia è impresentabile e corrotta. E per poterlo dire meglio, loro che sono la coscienza morale e la faccia pulita del Paese, prendono la residenza all’estero per evadere le tasse. Vicini all’Italia, ma lontano dal fisco.
Intervistato ieri dal giornalista Armando Torno su Radio 24, Riccardo Muti parlando del premio «Paolo Borsellino» appena conferitogli (e che gli sarà regolarmente tassato, così come il Premio Birgit Nilsson, il «Nobel della musica», consegnatogli quindici giorni fa a Stoccolma, del valore di un milione di euro, praticamente dimezzato dallo Stato italiano), si è scagliato contro i suoi colleghi che criticano la nostra classe politica, ma hanno la residenza fiscale all’estero: «Molti miei colleghi, direttori, registi e cantanti non hanno la residenza in Italia; è una loro scelta e ognuno è libero di fare quello che vuole. Però non sopporto chi poi polemizza contro la politica e i ministri. Non si può tenere la residenza fuori dall’Italia e sputare sul proprio Paese».
Riccardo Muti è un Maestro, e come tutti i maestri per eleganza ha preferito non aggiungere nomi alla sua già di per sé esplosiva dichiarazione. Comunque, dietro alla generica espressione «colleghi» s’intravede una pletora di moralisti a partita doppia, con la residenza fiscale a Montecarlo e quella politicamente corretta in Italia.
In effetti da Luciano Pavarotti in giù, il mondo della cultura e dello spettacolo (e dello sport...) conosce una gloriosa tradizione nel nobile passatempo di fare gli indignati con il salario degli altri. Sono gli intellettual-vip che si dicono schifati di un governo che taglia i fondi alla Cultura, che non dà lavoro ai giovani, che non tutela i pensionati, che ormai non si riesce ad arrivare alla quarta settimana... e poi «Scusi, il mio cachet per la serata quanto ha detto che è?... Quarantamila? Bene, bene...». E certo che va bene. Lavori in Italia però risiedi fiscalmente a Montecarlo, o in Svizzera. Tutti esterofili ed esentasse.
Il Maestro Muti parlava «in generale», è chiaro. Di certo non pensava - ad esempio - a quel direttore di orchestra che ha un indirizzo a Zuoz, nei Grigioni (ma che di sicuro paga le tasse in Italia), o all’altro che ha un appartamento nel Principato (ma che di sicuro paga le tasse in Italia), o quel mezzo soprano che si esibisce in Costa Azzurra (ma che di sicuro paga le tasse in Italia), o quella popstar che vive a Dublino, e quella che ha una villa sopra a Montecarlo (ma che di sicuro pagano le tasse in Italia). Sicuro?
Muti è uomo di poche parole. Ma ogni parola è una sentenza. L’avesse detto chiunque altro, sarebbe apparso un qualunquista. Detto da Muti - che conosce bene il suo mondo - quel «Non si può tenere la residenza fuori dall’Italia e poi sputare sul proprio Paese» suona come un «Prima di sentenziare sulla moralità degli altri, colleghi, pensate alla vostra». Direttori, registi, cantanti. Politicamente evasivi, fiscalmente evasori.
Artisti che lavorano in teatri e in stadi italiani, pagati con soldi pubblici o con i biglietti dei privati. Mantenuti dai contribuenti, ma che di contribuire hanno poca voglia. Tutte celebrità per le quali, a causa di certi politici, c’è da vergognarsi a dire di essere italiani. Soprattutto al fisco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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