Roma - L’anno scorso, il tradizionale concerto di Natale in Senato divenne il trampolino di lancio di una polemica trascinatasi per tutto il 2009. Al centro di discettazioni e processi alle streghe, c’era il protagonista del concerto stesso: Giovanni Allevi, il pianista, compositore e direttore che sollevò critiche al vetriolo da un lato e lodi sperticate dall’altro, gli uni a etichettarlo fabbricante di subcultura e gli altri a innalzarlo al rango di genio, incensato come Mozart redivivo. Una ribalta mediatica che, alla fine, fece leccare i baffi ai discografici del buon Allevi.
Il concerto natalizio di ieri, nell’aula di Palazzo Madama, è stato invece un'occasione per far riflettere sui problemi reali di chi vive, con difficoltà, di musica. Il direttore d’orchestra Riccardo Muti, appunto in Senato per condurre l'Orchestra Cherubini, in coda al concerto ha rivolto un appello, pacato e morbido, alle istituzioni. In un’Italia lacerata da tensioni e veleni, i Cherubini «dimostrano che la nuova generazione è portatrice di valori. Questi giovani hanno intrapreso la strada della bellezza, operano non per studiare nella stanzetta ma per portare la musica nella società», ha detto Muti. Una società che li deve ascoltare e sorreggere, però. Proprio quest’oggi, il presidente Giorgio Napolitano riceverà una lettera dei ragazzi dell’Orchestra preoccupati per il futuro che li attende. Presidente che assieme alle più alte cariche dello Stato ha assistito al concerto. Erano ospiti del presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il presidente della Corte costituzionale Francesco Amirante. Per la prima volta, ha assistito al concerto in Senato anche il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Papa Benedetto XVI.
Sappiamo che la Cherubini è un’orchestra di formazione. Chiuso il ciclo triennale di lavoro con Muti, e dopo questa fase di gloria in giro per il mondo, gli strumentisti corrono il rischio di rimanere a bocca asciutta, di non essere insomma assorbiti nel mondo del lavoro. «Il Presidente reclama che i giovani non devono lasciare l'Italia, e noi siamo d'accordo, vorremmo tanto poter rimanere a casa nostra. Per questo gli abbiamo scritto una lettera in cui spieghiamo i problemi che viviamo e che quindi possono spingerci ad andarcene dall'Italia in cerca di fortuna», racconta un orchestrale. Problemi sintetizzabili in un termine: precariato. «È una lettera pacifica, dolce, come quella che potrebbe scrivere un figlio al proprio padre. Non c’è nessuna polemica», chiarisce poi Muti. «Tutti noi lavoriamo per la cultura. Questi ragazzi studiano, seguono corsi, si impegnano ed entusiasmano, però alla fine di questo tragitto non possiamo tarpare loro le ali», reclama il direttore: «Qualcuno si deve pur preoccupare». Muti dall’ottobre 2010 sarà direttore stabile a Chicago, i Wiener lo adorano, in agosto festeggeranno le 200 presenze sul podio. Ha in mano il gotha delle orchestre. Ma per il concerto di Natale ha portato a Roma questa sua giovane creatura: un chiaro messaggio. Il presidente del Senato Schifani ha fatto gli onori da casa qualificando il concerto, centrato sulla Quinta Sinfonia di Beethoven, come un «messaggio di pace» in previsione di un 2010 segnato «da un clima di convivenza, dall’ascolto, dalla comunicabilità anziché incomunicabilità».
Al concerto, il cui ricavato sarà devoluto all’Ospedale Bambin Gesù (120 euro il costo del biglietto), hanno assistito ministri, senatori, ma anche comuni cittadini. Fra i politici, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, che ha poi ringraziato il direttore «per quanto fa per la cultura d'Italia», Gianni Letta che ha apprezzato «anche le qualità d’oratore di Muti». In rappresentanza dell’Opera di Roma, fra gli altri, Bruno Vespa, vicepresidente di un teatro che vedrà Muti sempre più attivo dal dicembre 2010.
Si vorrebbe Muti romano a tutti gli effetti. Il Comune di Ravenna sostiene la candidatura di Riccardo Muti a senatore a vita lanciata dal sottosegretario Francesco Giro. Ma il diretto interessato glissa: «Ma vi sembro già così vecchio da fare il Senatore?». La Sinfonia è «un cavallo di battaglia dell’Orchestra», dice Muti, ma allo stesso tempo con quel ribollire di conflitti che poi sboccano, dissolvendosi, nel catartico finale, ricorda la luce che il giovane musicista s’aspetta in coda a studi matti e disperati. Sinfonia proposta con tutta la convinzione e la forza che queste fanciulle e giovanotti hanno in corpo.
E convinti lo sono fin dal motto ritmico (il celeberrimo ta-ta-ta-tàa) che si dirama in su e in giù per l'orchestra, ripetuto fino all'ossessione. Un attacco senza preamboli, reso lapidario: da titolo a lettere cubitali. Ecco poi l’Andante in altalena fra lirismo, memorie eroiche di fanfare d'ottoni, andamenti di marcia e un nugolo di interrogativi.
Bravi i Cherubini per come ricreano il clima di attesa, con indugi sornioni, fino all’esultanza dell'Allegro Presto di chiusura. Un Finale che chiude il percorso iniziatico dall'oscurità alla luce. Quella luce che i giovani musicisti d’Italia attendono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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