Pietro Acquafredda
da Roma
Alla presenza del Presidente della Repubblica e dei presidenti di Senato, Camera e Corte costituzionale - le massime cariche istituzionali - presente anche il sottosegretario Letta ed il ministro Lunardi che concretamente sostiene la bella Orchestra giovanile Luigi Cherubini,voluta e guidata da Riccardo Muti - si è svolto il tradizionale concerto natalizio nell'aula di Palazzo Madama, al suo quinto anno. La presenza di giovani musicisti al Senato non è cosa nuova: si cominciò nel 2001 con l'Orchestra da camera italiana, guidata da Accardo, seguirono due anni con l'Orchestra Toscanini e la Giovanile Europea guidate da Maazel, l'anno scorso un'Orchestra cinese, e ora l'orchestra che rappresenta l'Italia «giacché i suoi componenti vengono da tutte le regioni italiane - e rappresenta anche ciò che l'Italia sa produrre», ha detto orgoglioso Muti alla fine del concerto, rispondendo agli applausi che salutavano la conclusiva Ouverture della Giovanna D'Arco di Giuseppe Verdi. Il maestro l'ha voluto riproporre, giustificandosi non senza quella ironia che gli conosciamo, così: «siccome non mi capiterà un'altra volta, quest'anno, di dirigere Verdi in questa sala, ve la rifaccio». Poi una breve lezione socio-politica. L'ha impartita ancora lui, Riccardo Muti, impegnato in questi giorni nelle recite de Le nozze di Figaro a Vienna, grazie alla cui «liberalità» - come ha sottolineato Pera nel suo indirizzo di saluto - questo concerto s'è potuto svolgere (il maestro è ripartito immediatamente per Vienna perché in serata dirigeva una recita dell'opera mozartiana). Indicando l'orchestra, il direttore ha detto: «Vedete quest'orchestra, prendiamo esempio da essa di come deve essere una società civile; tutti dialogano fra loro, senza perdere naturalmente la loro individualità, per realizzare un bene supremo: l'armonia». Quale sublime armonia nei pochi minuti in cui si consuma il terzo intermezzo da Rosamunda di Schubert, che da soli valevano l'intero concerto. Mai ascoltata tanta struggente dolcezza, con il tema che va e viene, in una struttura circolare, rapsodica, e che ogni volta lo scopri nuovo, ed anzi attendi sempre che torni, perché ormai si fa sempre più desiderare, finché appare per l'ultima volta, di lontano, il suono addirittura impalpabile, e viene spontaneo di supplicare: continuate. La morbidezza degli archi della Cherubini è indimenticabile. Se un giorno dovessero chiederci il più bel pezzo ascoltato quest'anno, non avremmo dubbi: l'intermezzo III dalle musiche di scena di Schubert, per il dramma di Helmine von Chezy, Rosamunda, così come le abbiamo ascoltate dalla Cherubini, diretta da Muti.
Ancora Schubert, nel programma del concerto dal Senato, la Sinfonia Incompiuta, capolavoro del sinfonismo post beethoveniano, e capolavoro sommo nella sua voluta incompiutezza, cui nient'altro sarebbe stato possibile aggiungere. Sottolineare che Muti oggi è fra i massimi interpreti di Schubert, come anche di Mozart, è quasi un'ovvietà, avendo a portata di mani anni e anni di storiche interpretazioni della Vienna classico-romantica.
Ed ora lasciateci dire di quella meraviglia dell'orchestra. Gli archi - primeggiano numericamente le ragazze; nelle file dei violini i maschietti sono come mosche bianche; anche nei corni, in verità, tre su quattro sono ragazze - hanno un bel colore, che non è però il colore lucido e brillante e il suono tirato di tante orchestre. La Cherubini ha un suono brunito, morbido come il velluto, ma anche caldo, pastoso. I fiati, tolti gli ottoni squillanti, hanno suono rotondo e sinuoso.
Nella parte centrale dell'Ouverture verdiana, mentre il flauto e poi l'oboe e il clarinetto disegnano il bel tema bucolico, accompagnato dal pizzicato degli archi, Muti sta immobile sulla pedana, lascia che fra loro i giovani si ascoltino, e trovino essi stessi il ritmo giusto, la giusta sonorità. Fanno da soli, il maestro-papà li guarda, li ascolta soddisfatto. I suoi giovani ragazzi stanno crescendo e soprattutto hanno ancora voglia di crescere.
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