«Nabucco» è senza pathos: l’orchestra dell’Opera Giocosa non dà il meglio di sé

Ingranaggio complesso, l'opera: un intricato dedalo di piccoli meccanismi in piena sintonia. Se qualcosa non è a punto, immancabilmente compromette il funzionamento generale. Così è successo venerdì sera al Priamar di Savona con Nabucco di Giuseppe Verdi, il terzo appuntamento del cartellone estivo dell'Opera Giocosa. Spettacolo godibile, ma non eccelso. Una rotellina non proprio ben avvitata è stata l'orchestra, che non ha dato il meglio di sé, nonostante una direzione piuttosto precisa e determinata (Will Humburg): massa poco pulita, a tratti sembrava quasi svogliata, indubbiamente poco corposa, non rispondeva pienamente al gesto. E in un'opera che è essenzialmente musicale, dove pathos e narrazione si basano sullo spartito, è senza dubbio una mancanza. Un piccolo appunto anche a scene e regia, che sì, avevano a che fare con un'opera per sua natura statica che non esige e che sarebbe violentata da grandi movimenti, ma che almeno nei momenti più intensi avrebbe potuto osare qualcosina in più. L'incendio del tempio, il sacrilegio di Nabucco, la scena finale sono rimasti un po' in sordina, complice forse la scena scarna e geometrica, che aveva per fortuna lo splendido contesto nelle mura della fortezza del Maschio. Tutto questo per dire che i cantanti avrebbero meritato un appoggio più solido, visto che la responsabilità drammatica grava tutta sulle loro spalle (e sull'orchestra).

Belle voci, specialmente quelle femminili, sia dal punto di vista timbrico che dell'agilità, attente alle sfumature e alla musicalità intensa dello spartito, ma appunto un tantino «sottotono», penalizzate sul piano della resa del personaggio.

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