Nala e gli altri segugi col muso tra le rovine

Fra le unità cinofile al lavoro: "Questi cani scondinzolano di gioia se trovano qualcuno"

San Felice sul Panaro (Modena) - Il cielo è plumbeo, dopo numerosi giorni di pieno so­le e, man mano che mi avvicino a quel trian­golo tra Modena, Bologna e Ferrara dove il mostro non vuole dar tregua, aumentano le deviazioni. Finisce che mi trovo in uno stra­dello della più remota campagna modenese, con il navigatore impazzito. Scorgo due don­ne, madre e figlia, che davanti a una vecchia casa sistemano nelle cassette duroni, fragole e asparagi. Mentre chiedo dove rimane S. Fe­lice sul Panaro, un grosso cane meticcio che non avevo visto si alza di scatto e allunga la te­sta per annusare chissà cosa. «Ecco stia a sen­tire ». Ho le mani appoggiate all’inferriata e sento benissimo la vibrazione.

«Se tira forte abbaia, se tira così allunga il naso» mi dice la più giovane. Mi sento in dovere di comprare una quantità industriale di fragole e ciliegie e mi avvio verso il centro del paese. Il mio contatto è «Beppe» che sta nel cam­po di Modena e Reggio Emilia: qui i campi della protezione civile portano i nomi di re­gioni o comuni. Con lui avrei dovuto parlare di quelli che la cronaca generalmente trascu­ra o relega in un trafiletto a pagina 21 .

Si tratta dei cani, pronti assieme al proprio condutto­re, a gettarsi tra le macerie per segnalare cor­pi, talvolta ancora viventi, talvolta purtrop­po defunti, corpi che neanche il geofono (sonda che cattura suoni) più sofisticato rie­sce a rilevare. Sono per la maggior parte la­brador retriever che hanno soppiantato i ca­ri e «vecchi» pastori tedeschi, rovinati da una selezione troppo spinta verso la morfologia, verso quello standard che ti fa vincere il cam­pionato del più bello, ma non quello del più furbo (con riferimento al padrone). Guai allo stop del naso e al centimetro del garrese di­menticando che anche i cani hanno un cer­vello oltre che, molto probabilmente,un’ani­ma. Assieme ai labrador si fanno strada i bor­der collie ( quelli dell’agility).

Leggeri e agilis­simi, sarebbero ottimali sulle macerie se non fosse per quel loro carattere esuberante che spesso li fa distrarre dall’obbiettivo. Beppe è impegnato con funzionari della regione e so­no allora Paolo Ascari e Giuseppe Veronesi, due vecchi lupi delle unità cinofile, che mi spiegano alcuni «segreti» dei cani da soccor­so. Sono dirigenti di una sigla lunghissima che in pratica significa «Gruppo soccorso ci­nofilo volontari protezione civile».

Sedici lunghi mesi d’insegnamento (e qui ognuno ha le sue teorie e i suoi metodi preferiti) e, a due anni,l’esame attitudinale sotto la super­visione di tre esperti cinofili che conferisco­no al cane, e al suo conduttore, l’operatività sul campo. «Conta più il cane o l’uomo?». Ascari strizza gli occhi contro il sole che ha vinto la battaglia sulle nuvole. «Cinquanta e cinquanta, deve esserci un’armonia che va oltre quella di un normale rapporto tra i due». Veronesi scherza e dice che sua moglie è gelosa del rapporto che ha con il suo flat coa­ted retriever.

Poi, conta molto l’esperienza. Il cane più maturo è di solito anche più ri­flessivo e prende meno sbandate. Poi ci sono le eccezioni. Come Nala, labrador fulvo di 4 anni, condotta da una giovanissima Erika, 22 anni, che è corsa al campo di raccolta dopo avere abbandonato la sua casa inagibile e la­sciato il suo bimbo a dei parenti. Dopo pochi minutieranoinvia1˚ maggio, aCavezzoeNa­la, seguita poi da altri cani, ha segnalato la presenza di un corpo. Era quello dell’anzia­na Martina che lotta ancora tra la vita e la mor­te. Nala è giovane ma, assieme alla sua Erika, ha davanti un futuro di «salvatrice» certa­mente pieno di soddisfazioni.

«Sì perché an­che loro »mi spiega Veronesi«sono soddisfat­ti, quando intuiscono la presenza dei corpi. Alcuni abbaiano, altri (come Nala) emetto­no un mugolio che sembra un pianto. Tutti scodinzolano e sembra che provino gioia». «Un paio di giorni fa-mi raccontano- il geofo­no aveva captato qualcosa in un cunicolo profondo una decina di metri.

Per un attimo si è pensato di calare giù un piccolo Jack Rus­sell, poi ci siamo guardati negli occhi, e abbia­mo mandato giù una sonda ottica. Una picco­la vibrazione e il cunicolo si sarebbe riempi­to di detriti. Nessuno di noi rischia il proprio angelo con la coda per nulla».

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