Cesare G. Romana
da Milano
La Nannini dallanima rock o la Nannini che ogni mattina, sul suo pianoforte, sabbandona a Beethoven? La Gianna che canta Brecht insieme a Sting, o la Gianna che ama Debussy, Wagner e Weill, linventrice di ritmi scorticanti o lartefice di melodie «pucciniane», dal respiro lungo e dal passo sinuoso? Cè tutto questo in Grazie, il nuovo album che esce domani a due anni dallassorta magia di Perle, in cui questa grandissima artista rileggeva il proprio repertorio nel segno duna cultura musicale che dallOttocento romantico sallarga fino allalba dellImpressionismo.
Con simili premesse Grazie non poteva che essere un capolavoro, e infatti lo è. La Gianna vi chiama a raccolta il suo senso del sogno e la sua lucida nozione della realtà, le attese e gli approdi della sua lunga carriera. Parla - con la saltuaria collaborazione ai testi di Isabella Santacroce e di Pacifico - damore e di libero arbitrio, mescola istinto e riflessione, dedica al padre - in Babbino caro, titolo non casualmente pucciniano - un commovente appello, scherza sullamore in un reggae saltellante, alterna vampate africane di carnalità e melanconie pronte a tramutarsi in rabbia o a sciogliersi in tenerezza. E dipinge il tutto, con laiuto produttivo di Wil Malone, di cori petulanti o trepide nuances, trasparenze attonite o fervide impazienze, atmosfere sospese e incalzante sensualità. Col valore aggiunto duna vocalità sempre più consapevole, tanto nellelegia quanto nel guizzo ludico e nellinvettiva bruciante. Fino a concludere lalbum con il duro richiamo «civile» di Alla fine: «Non ci insegneranno mai lamore/i potenti e la carità/le croci rosse sulle rovine/ora che fai raccogli bombe/magari esplodi tra gli ulivi/salti in aria con la verità».
Siamo così alla pagina più alta di un album tanto attento allintimità del sentire quanto poco intimista, nel senso più angusto del termine. Un album che invece vibra di universalità, e che in questo brano tocca il suo momento più «civile» e problematico. «È proprio Alla fine - dice non a caso la Gianna - la canzone che preferisco: non smette mai di darmi i brividi, riascoltarla mi emoziona continuamente, il che significherà pure qualcosa». Vi si coglie anche un riferimento polemico al Live 8, e infatti «mi infastidisce che la kermesse di luglio sia diventata un momento di globalizzazione, abbia perso la sua identità alternativa. Limmagine del bambino africano affamato e scheletrico diventa strumento di autopromozione per tanti artisti, si sceglie il rock come palliativo fittizio alla tragedia dun popolo. Sono daccordo che la musica si ponga al servizio degli altri, ma voglio essere io a scegliere come farlo».
Quanto al profilo generale di Grazie, lamore ne è il protagonista, «visto come energia che non si spegne, neppure quando un legame finisce: lamore come sfida al tempo che passa e cancella». Ma ancora, Grazie è per lautrice «uno sviluppo di Perle, ma con suoni più crudi, probabilmente più reali. Con un uso costante degli archi, come scelta dinamica e non museale. Non in sottofondo ma allo stesso livello delle chitarre o del pianoforte.
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