Ricordate Forrest Gump, il protagonista dellomonimo romanzo di Winston Groom, reso indimenticabile dallinterpretazione cinematografica di Tom Hanks? Ebbene, il conte Carlo Camillo di Rudio potrebbe con tutto il diritto fregiarsi del titolo di Forrest Gump dellOttocento. La sua a dir poco straordinaria vita comincia infatti a Belluno nel 1832 e termina il primo novembre di cento anni fa in California. In mezzo, le Cinque Giornate di Milano, lattentato a Napoleone III, la guerra di Secessione, la conquista del West, gli onori militari. Ma andiamo con ordine, ché la storia del conte bellunese - uomo dalle sette vite e dai due nomi (anglicizzò il suo in Charles Derudio) - è molto meglio di un film. A ricostruirla con puntigliosa precisione ci ha pensato Cesare Marino, antropologo italiano da anni residente negli Stati Uniti e ricercatore al prestigioso Smithsonian Institution di Washington: Marino, considerato tra i maggiori esperti di storia dei nativi americani, approfondendo le vicende degli indiani dAmerica si è imbattuto in molti (e finora semi-sconosciuti) «italiani del West». Sono uomini che, ben prima della massiccia migrazione novecentesca, decisero di lasciare il Vecchio Mondo per cercare fortuna (e considerazione, e denari, e libertà, e avventura) Oltreoceano, re-inventandosi la vita. Delle tante storie dei pionieri italiani nel West, quella di Rudio è forse la più affascinante: oggi, a cento anni esatti dalla morte di questo italiano un po patriota e un po guascone, Marino presenta al Museo Italo Americano di San Francisco la biografia Dal Piave a Little Bighorn. La straordinaria storia del conte Carlo Camillo di Rudio, edita dal bellunese Alessandro Tarantola e corredata dalla prefazione di Roberto Bonzio, giornalista e fondatore di «Italiani di Frontiera», progetto multimediale dedicato allo spirito dinnovazione dei nostri connazionali in America, dai tempi del West a quelli della Silicon Valley.
Patriota sconosciuto ai più, combattente indefesso al pari di Garibaldi (che conobbe e stimò), Carlo Camillo di Rudio fu, così lo definisce Marino, «avventuroso, forse un po' avventuriero, di certo un personaggio proto-salgariano». Rampollo di una nobile famiglia veneta ed educato al collegio militare di San Luca a Milano, durante le celebri Cinque Giornate getta la divisa di cadetto austriaco e si unisce allinsurrezione popolare. Abbraccia gli ideali mazziniani, scappa a Roma dove difende la giovane repubblica ma, braccato dalla polizia austriaca, fugge a Parigi. Nemmeno lì il suo spirito indomito ha pace: partecipa attivamente al fallito attentato a Napoleone III nel 1858 - uno dei fatti più sconvolgenti per lepoca - ed è subito preso. La sua faccia tosta e un ottimo avvocato gli risparmiano in extremis la ghigliottina, ma davanti a lui si aprono le porte della temibile colonia penale della Cayenna. Uno come di Rudio non può rimanere a lungo in un posto così e infatti evade, con quella che resterà negli annali dellepoca come la più clamorosa fuga dal carcere della colonia francese. Neanche il tempo di riabbracciare la famiglia, in Inghilterra, che Di Rudio è di nuovo in partenza: con in tasca una lettera di raccomandazioni di Mazzini, salpa per New York. È linizio di una nuova, ennesima vita.
Nei nascenti Stati Uniti di Rudio intuisce di poter realizzare il suo anelito allavventura: si arruola come volontario nellesercito federale, partecipa alla Guerra di Secessione e, messosi in evidenza, è assegnato in seguito al Settimo Cavalleggeri, alle dipendente nientemeno che del colonnello Custer. È il 25 giugno del 1876 e Carlo di Rudio - ma ormai per tutti è Charles Derudio - è sul campo, con i gradi di tenente, a Little Big Horn per affrontare gli indiani guidati da Cavallo Pazzo.
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