Napoleone incoronato re in Duomo 200 anni fa

La fastosa cerimonia si svolse il 26 maggio 1805. Oggi un nuovo libro di Alain Pillepich studioso di storia racconta il difficile e controverso rapporto di Bonaparte con gli italiani

Napoleone incoronato re  in Duomo 200 anni fa
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Beatrice Belli

Duecento anni fa, il 26 maggio 1805, Napoleone Bonaparte, imperatore dei francesi, diventava re d’Italia. Ricevendo la corona, pronunciò la storica frase: «Dio me l'ha data, guai a chi la tocca».
L’avventura napoleonica raggiunse all’epoca la sua apoteosi. Pochi mesi prima, il 2 dicembre 1804, nella cattedrale di Parigi, Notre Dame, Napoleone si era autoproclamato imperatore.
Il nuovo ordine imposto in Francia si riverberò presto in Italia. La Repubblica Italiana diventò un regno e il 26 maggio 1805, nel Duomo di Milano, un novello Carlo Magno, Napoleone, fu incoronato re d'Italia con la corona ferrea dei re Longobardi, custodita nel Duomo di Monza. Nel Duomo di Milano ebbe luogo la solenne funzione nel corso della quale, alla presenza di sedici vescovi (il Papa si era rifiutato), prese sull'altare la corona ferrea dei re longobardi e se la pose sul capo, autoproclamandosi re d'Italia.
Il nuovo Regno Italico non cambiò sostanzialmente bandiera, ma al centro del drappo, rettangolare e valido per tutti gli usi, fu posta l’aquila imperiale con lo stemma di stato. Ogni illusione di Italia unita tramontò perchè Napoleone, unico padrone, lasciò la penisola divisa in tre parti. Anche la Repubblica Ligure, più tardi fu unita al Regno napoleonico. Poi nel 1807 fu abolito anche il Regno d'Etruria e la Toscana fu unita all'Impero. Piombino, Lucca, Massa e Carrara formarono un unico ducato che Napoleone affidò alla sorella, Elisa Baciocchi. Napoleone nominò quindi il fratello Giuseppe re di Napoli (30 marzo 1806).
I 200 anni della ricorrenza dell’incoronazione dell’imperatore francese a re d’Italia sono oggetto di un saggio storico di Alain Pillepich, che la casa editrice Il Mulino pubblica proprio alla vigilia dell'anniversario con il titolo «Napoleone e gli italiani» (pagine 240, euro 19).
L'autore del volume, Alain Pillepich, già funzionario di organismi internazionali, è stato allievo del grande storico francese Jean Tulard.
Ancora dopo due secoli, l’avventura italiana di Napoleone è oggetto di vivaci controversie tra chi vede in essa l’occasione positiva di una prima emancipazione e modernizzazione dell’Italia e chi la considera una brutale occupazione straniera. Da qui parte l’analisi di Alain Pillepich. La presenza francese nei territori italiani, iniziata con l’invasione nel 1796 e terminata nella primavera del 1814, coincide con uno dei periodi più ricchi e importanti nella storia d’Italia, un’autentica cerniera fra età moderna e contemporanea.
Il volume di Pillepich rievoca l’Italia napoleonica ricostruendone le caratteristiche per quanto riguarda la vita politica e amministrativa, sociale, economica e culturale.

Nel tracciarne la breve parabola storica tra la campagna del 1796 e il crollo dell'impero, lo storico francese dà la misura di quanto vasta e durevole sia stata l'influenza napoleonica sulla storia successiva del Paese.

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