Cultura e Spettacoli

Napoli, il Madre si «gemella» con Salonicco

Al museo parte «Transit 4», quarta ed ultima tappa dell'omonimo progetto che connette giovani artisti napoletani con artisti provenienti da città del bacino mediorientale

Transit 4 è quarta ed ultima tappa dell'omonimo progetto che connette giovani artisti napoletani con artisti provenienti da città del bacino mediorientale. Dopo l'esperienza al Cairo, Istanbul e Tel Aviv il museo Madre di Napoli si gemella questa volta con Salonicco attraverso il lavoro di Eugenio Tibaldi e del duo greco Dimitri Kotsaras e Jennifer Nelson.
Il progetto, come già sperimentato nelle precedenti tappe, si struttura in due tempi e due spazi diversi: la prima nella Project Room del Museo Madre fino al 13 Settembre e la seconda nello State Museum of Contemporary Art di Salonicco dal 27 Ottobre al 30 Novembre.
Esistono città che hanno destini incrociati, luoghi posti al centro di delicati equilibri storici e politici a causa della strategica posizione geografica. È questo il caso di Napoli e Salonicco, entrambe crocevia di popoli e di culture, città liminali, l'una soglia sui Balcani, snodo storico tra oriente e occidente, l'altra ultima città europea e prima città mediterranea. Partendo da questi elementi Tibaldi organizza un palinsesto visivo che aggrega i vari materiali prelevati dalla realtà urbana delle due città per produrne un corpo unico, disegno finale di un percorso, di una consapevole e lucida esperienza. Una barca bicefala, frutto dell'ibridazione tra le tradizionali imbarcazioni delle due città: il trechandiri greco (ma di origine ottomana) e il gozzo napoletano, diviene lo starting point della sua ricerca socio-antropologica sulle rispettive realtà. Una "macchina celibe" la cui doppia prua, impedendone il movimento, diviene metafora della loro storia e dei loro destini. La stessa visione sincretico-sintetica investe la veduta delle due città che si fonde in un panopticon, in cui l'artista ricostruisce un immaginario skyline delle linee costiere di Napoli e Salonicco unite senza soluzione di continuità dal porto, "inteso come architettura del destino per entrambe le città: fonte inesauribile di influenze culturali e campo libero per le battaglie di conquista. Il porto come linea ipotetica in cui si fonda, e contemporaneamente si infrange, il sogno di allargamento culturale e sociale della città" (E.Tibaldi).
Il materiale di recupero, la decontestualizzazione degli oggetti di turno, i segni del quotidiano che rivelano e sottolineano tutti quei sintomi selvaggi e primitivi che qualificano l'hinterland del mondo, in cui a condurre il gioco è la presenza rettificatrice e degenerante dell'uomo, sono gli elementi che caratterizzano la ricerca di Kotsaras e Nelson. I due artisti propongono un'azione poetico-dimostrativa che analizza le conseguenze dell'inquinamento e muove una critica sottile e paradossale all'odierna società anestetizzata dei consumi. Una performance tra il serio e il faceto adombra la catastrofe ambientale che quotidianamente portiamo avanti con grande superficialità nelle nostre vite casalinghe, un'azione le cui tracce residuali si accumulano progressivamente nello spazio della Project Room. Gli artisti tentano di lasciare una traccia, un indizio per chi verrà, che tocca una dimensione psicologica, un'istanza che si fa etica e politica dando voce all'ineffabile, rendendo tangibile l'invisibile.

L'opera diviene in questo modo un accadimento, una forma di riscatto che dà voce all'ineffabile, rende tangibile l'invisibile, invita a prendere parte a un processo di creazione di senso ponendosi oltre la rappresentazione.

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