Il Napoli sale in paradiso e grazie all’atleta di Cristo ora fa paura al Diavolo

Edinson sta sorpassando i grandi azzurri del passato. Dopo Vojak, Altafini e Canè, dà l’assalto a Maradona

Il Napoli sale in paradiso 
e grazie all’atleta di Cristo 
ora fa paura al Diavolo

«Gesù indirizza tutte le mie scelte, è stato lui a mandarmi al San Paolo». Parole forti, quelle con cui Edinson Cavani si presentò ai tifosi del Napoli nove mesi fa. Dal 2007 è un atleta di Cristo, come Kakà, Legrottaglie e Alemao, storico calciatore del Napoli tricolore. L’amore per Dio, la famiglia e la passione per il calcio guidano la sua vita. Unici «diversivi», le battute di caccia nella foresta uruguaiana, vecchia tradizione di famiglia, la passione per le foto e per la musica di Juan Luis Guerra, che canta testi di ispirazione cristiana su basi di stampo caraibico.
Il popolo azzurro lo ha già eletto re e comincia ad accostarlo al mito Diego. «Ma lui è unico, è la storia del Napoli», sottolinea l’uruguagio - stella della Celeste - che condivide con Maradona solo la capacità di far entusiasmare i napoletani con il pallone fra i piedi. Lo stile di vita di Cavani, invece, è molto diverso: alla mondanità, preferisce il riserbo e magari una chiacchierata sul divano di casa sua di fronte a una fetta di torta con il pan di Spagna preparata dalla moglie (anche se adora la mozzarella di bufala e la pasta al forno). Tanto da vivere in quello che è stato rinominato il principato di Lucrino, la zona di Pozzuoli dove risiede con Maria Soledad e dal 22 marzo anche con il primogenito Bautista. Per assistere alla sua nascita, Edinson si è presentato nel ritiro della Celeste con un giorno di ritardo.
Sotto la villetta a due piani in cui vive, ci sono alcuni striscioni in suo onore. Cavani esce solo in auto e il più delle volte per raggiungere il quartier generale del Napoli a Castel Volturno, è la moglie a occuparsi delle spese quotidiane.
Di strada ne ha fatta quel ragazzetto nato a Salto, città di 100mila abitanti a 500 chilometri da Montevideo, e dal fisico fragile ed esile. Tanto esile da essere soprannominato El Botija (il ragazzino). «Avevo quattro anni quando ho cominciato. Se vincevamo ci regalavano un gelato, erano piccole cose ma belle, con i genitori che tifavano per te», ha raccontato Cavani che comincia la carriera al Danubio, seguendo le orme di papà Luis e del fratello Walter.
In Italia, nonostante il nonno nativo di Maranello, sbarca solo nel 2006 al Torneo di Viareggio dove il suo biglietto da visita è un gol alla Primavera del Messina. La Sicilia è evidentemente nel suo destino (il nonno paterno lavorava lì), tanto che Rino Foschi, ds del Palermo, lo consiglia al patron Zamparini. Nel gennaio 2007 veste così la maglia rosanero, soffrendo però la presenza di Amauri che lo costringe a giocare da punta esterna. Sul punto di partire nell’estate del 2008, viene convinto da Zamparini a restare e lui segna 27 reti nelle successive due stagioni. Diventando finalmente El Matador, con la benedizione di nonna Aldris Maria, che non si perde una partita di Edi.
Il resto è storia recente: l’approdo a Napoli (prestito oneroso di 5 milioni, ne serviranno 12 per il riscatto), gol a raffica e record in sequenza. Cancellato il Vojak - bomber azzurro in A - di 78 anni fa, superati mostri sacri come Canè e Altafini, fermatisi a due triplette stagionali. Trentotto i gol già segnati (25 in A, 7 in Europa League e 6 in Nazionale), due in più di Eto’o, media di un gol ogni 102’ - quasi come Messi e Cristiano Ronaldo -. Nemmeno Cassano alla sua età segnava così tanto.

«Cavani non ha prezzo, non lo cederei nemmeno per 100 milioni», così il patron De Laurentiis. Famosa la sua battuta dopo il successo a Roma con la doppietta del Matador: «Un’offerta del Real? Risponderemo con una pernacchia...». Per ora è stuzzicante vedere l’atleta di Cristo nel ruolo di anti-Diavolo.

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