Le prostitute servono ai tavoli dentro i "ristoranti" nigeriani

Le donne offrono prestazioni sessuali mentre portano il cibo etnico. Qui si fumano pure marijuana e crack

Le prostitute servono ai tavoli dentro i "ristoranti" nigeriani

Non solo bordelli. Anche ristoranti abusivi per neri. Ad Afragola sono almeno quattro gli appartamenti in cui sono stati allestiti. Si trovano all’interno di palazzi abitati, nel centro storico della città. A gestirli sarebbero dei nigeriani. Aprono al pubblico alle otto del mattino e chiudono tra mezzanotte e l’una. Asporto o consumo sul posto, il prezzo non cambia: un pasto può costare tra i tre e i sei euro. "Entri e ordini tutto quello che vuoi. Non c’è un menù, ti cucinano quello che chiedi: pasta, fagioli, pesce, riso, carne", racconta Abdul (nome di fantasia). Le pietanze sono quelle africane.

Un "ristorante" si trova al pianterreno di un immobile situato nel cuore della città. All’interno ci vive una donna nigeriana. "È lei che cucina. Per un piatto si fa pagare sei euro", rivela Abdul. "Si può ordinare e portare via, o consumare direttamente lì. Quando si entra c’è la sala grande dove si mangia, con due tavoli da cinque o sei posti. Poi ci sono la cucina, un bagno e la stanza dove dorme la cuoca”. Al pianterreno di uno degli edifici situati tra i vicoletti del centro, si apre un altro ristorante abusivo per neri. La casa-bettola più piccola ed economica si trova al primo piano di un palazzo situato in una corte: “Lì il prezzo del pasto è più basso, tra tre euro e 3,50 euro. Ci sono massimo cinque o sei posti a sedere nella stanza dove si mangia, poi ci sono una cucina e la camera da letto della signora”. Dalla strada, sul grande portone da cui si accede al cortile, c’è una locandina con le immagini di diverse acconciature. Nella stessa casa, la donna che prepara da mangiare fa anche la parrucchiera. E l'appartamento in cui lavora è anche la sua dimora.

In una delle quattro abitazioni-ristorante che abbiamo individuato si offre anche la compagnia di prostitute. Ristorazione abusiva e sfruttamento della prostituzione vanno avanti da anni al secondo piano di uno dei palazzi di una corte condominiale in cui vivono diverse famiglie di Afragola. “Appena entri c’è la camera grande dove si mangia. Le prostitute si avvicinano per chiederti cosa vuoi da bere. Quando ti portano quello che ordini, si fermano a chiacchierare e ti invitano a scopare. Chiedono 15 euro per un rapporto sessuale e, quando finiscono, cinque euro li danno alla proprietaria”. La "proprietaria" sarebbe la donna che cucina in quel “ristorante” e che gestirebbe tutta l’attività illegale. “Le prostitute dormono con lei nell’unica camera da letto della casa, che è anche quella dove si scopa. Solitamente sono cinque o sei. Nei fine settimana se ne contano anche una decina, le altre vengono da fuori".

All’esterno dell'alloggio una luce intermittente attira l’attenzione su quella tavola calda a luci rosse. Mentre si consuma sesso a pagamento, si mangia e si balla, i vicini continuano ad essere immersi nella propria routine. In una sera qualsiasi può capitare di vedere una bambina giocare al buio sul balcone di casa con quella che sembra una girandola, mentre, sopra, delle schiave vendono il proprio corpo e la loro madame prepara da mangiare ai clienti affamati. In un appartamento di due vani arrivavo ad accalcarsi fino a una quindicina di avventori: “In settimana trovi ogni sera fino a sette o otto uomini. Poi il venerdì, il sabato e la domenica il locale si riempie, i clienti raddoppiano”, riferisce Abdul.

“Il locale resta aperto fino all’una di notte. È come una discoteca. C’è musica, si beve. Nella stanza dove si mangia - prova a descrivere la nostra fonte - c’è un tavolo lungo, da circa 12 posti, poi sedie e divano. Si possono occupare fino a 20 posti per mangiare. Il prezzo per ogni piatto è di cinque euro”. “Nel ristorante con le prostitute, si fuma anche”, rivela. “Non conosco le droghe, ma sicuramente usano quell’erba che si sbriciola tra le mani e quella roba che si scioglie”. Marijuana e crack sprigionano fumi che annebbiano stanze di circa 30 metri quadrati, luoghi di perdizione dove svaniscono anche le differenze di religione.

Quando si varca l’ingresso di queste case, i precetti del cristianesimo e dell’islam (il credo della maggioranza degli immigrati sul territorio afragolese) restano fuori alla porta. Dentro si va a puttane, si beve e si fuma, a prescindere dalla fede.

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