Massimiliano Scafi
nostro inviato a Firenze
Basta. Troppe confusioni, «insufficienze», «distorsioni». Insomma troppi pasticci, dice Giorgio Napolitano, troppi maxiemendamenti e troppo poco tempo lasciato al Parlamento per deliberare «nel rispetto delle sue prerogative»: la Finanziaria va riformata. Se non nel merito politico delle scelte, argomento che ovviamente il capo dello Stato non può toccare, sicuramente nel suo metodo di presentazione alle Camere. Una revisione «urgente», come spiega Fausto Bertinotti nel pomeriggio e come conferma ufficialmente in serata Napolitano.
Una mattinata a Firenze, a parlare di Europa con Giscard dEstaing, Sampaio, Simitis, Schmidt, Fischer, Amato, Baron Crespo e a raccogliere lamarezza di Carlo Azeglio Ciampi dopo le polemiche sul voto al Senato di giovedì sul decreto fiscale. «In quei momenti - racconta lex presidente - mi è passata in testa con in un film tutta la mia vita. Da quando andai in guerra nel 1941, fino agli ultimi 25 anni nelle istituzioni: i 14 da governatore, quelli a Palazzo Chigi, al Tesoro, al Quirinale. Ora sei qua e si parla di te, ascolta, mi sono detto. Ho ascoltato e ho provato un forte senso di dolore».
Ma allora di pranzo Napolitano è già di nuovo a Roma. La situazione è bollente, lo scontro monta e così il capo dello Stato segue «con particolare attenzione il dibattito». Segue soprattutto le «inammissibilità formali» che Bertinotti rileva sul maxiemendamento alla manovra preparato nella notte dal governo e la tirata dorecchi che il presidente della Camera rifila a Palazzo Chigi: «Quanto è avvenuto in questa seduta di bilancio dimostra che non è più procrastinabile un intervento di riforma delle legge finanziaria e delle connesse procedure parlamentari». Bertinotti attiverà «tutte le sedi competenti per una riflessione atta a individuare un percorso condiviso». Certo, continua, questa manovra «presenta aspetti peculiari e di assoluta particolarità rispetto alle precedenti». Da un lato lesigenza di «approvare la legge in tempi ragionevoli» per evitare lesecizio provvisorio, dallaltro la necessità di «garantire al parlamentari la discussione» sui provvedimenti: stretto in questa tenaglia, Bertinotti ha deciso si respingere tutte le modifiche notturne al testo, tranne quelle tecniche che riguardano tabelle e cifre e quelle sui carabinieri. Ma così, conclude, non si può andare avanti, servono nuove regole.
«Completamente daccordo» il capo dello Stato.
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