Adesso è «indispensabile» moltiplicare gli sforzi: «Se non ora quando?», si chiede Giorgio Napolitano. Se non ora, quando si potrà rimettere in moto il processo di pace «nella tormentata regione e far sì che il Medio Oriente esca da un insostenibile stallo?». È quanto sottolinea il presidente della Repubblica ricevendo al Quirinale il corpo diplomatico per la tradizionale cerimonia per lo scambio degli auguri in vista del Natale e dell'anno nuovo.
Il capo dello Stato chiede che «si riapra e si percorra fino in fondo la via del negoziato, verso l'ineludibile obiettivo del mutuo rispetto e della convivenza nella sicurezza tra lo stato d'Israele e il nuovo stato palestinese, cui dare finalmente vita: «É questa - ricorda Napolitano - una componente fondamentale dello sviluppo da dare nel complesso alla politica euro-mediterranea».
E noi europei, aggiunge, dobbiamo fare la nostra parte fino in fondo. «L'Ue può assumere il ruolo di attore globale solo parlando con una voce unica e solo esprimendo una politica estera e di sicurezza comune». Finora siamo andati tutti a briglia sciolta, privilegiando gli interessi nazionali alla costruzione comunitaria. Ma è giunta l'ora di cambiare passo. «Se non si compie un deciso balzo in avanti sulla via dell'integrazione - avverte il capo dello Stato - l'Europa è esposta ad un grave rischio di declino e di irrilevanza nel mondo d'oggi». Napolitano esprime l'augurio che «nell'Europa a 27 Paesi possa affermarsi una tale consapevolezza ed esprimersi una più forte volontà politica comune». E si dice certo che «l'Italia farà in tal senso la sua parte, sollecitando scelte di cooperazione rafforzata e anche strutturata, specificamente nel campo della sicurezza e della difesa, sempre in seconda sinergia con la Nato».
Pronunciandosi favorevolmente verso «l'apertura di una strategia di allargamento dell'Unione europea ai Paesi dei Balcani e alla Turchia», il presidente Napolitano si dice convinto che, rispetto all'iniziativa internazionale, l'Ue abbia «una sua parola importante da dire, un suo apporto peculiare da dare; anche in un mondo così radicalmente cambiato, che ha visto spostarsi il baricentro delle relazioni economiche e politiche internazionali lontano dall'Europa».
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