Napolitano punge la Lega: «Liberazione festa dell’unità d’Italia»

MilanoPatria e soprattutto unità. Sono le due parole che ricorrono più spesso nel discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ieri ha scelto Milano e la Scala, distrutta dalle bombe della guerra e simbolo della ricostruzione, per celebrare il sessantacinquesimo anniversario del 25 aprile. Basta ridurre il «movimento di Liberazione a immagine sbiadita o a oggetto di dispute astratte». È necessario «declinare correttamente il significato e l’eredità della Resistenza in termini condivisibili. Non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi». E di più. «Non se ne devono tacere i limiti e le ombre, come se ne possono mettere a confronto diverse letture e interpretazioni». Al suo fianco il premier Silvio Berlusconi che applaude più volte. E alla fine, al centro della platea, la stretta di mano tra i due tutt’altro che formale. Qualcuno ha la tentazione di fischiare. Ma l’intensità che si legge nel colloquio tra i due, gela qualsiasi possibile contestazione. A cui qualcuno aveva certo pensato prima di essere scoraggiato dal calore dell’abbraccio. «Un discorso apprezzabile, completo - spiega Berlusconi nel foyer -. Con annotazioni storiche che occorre far conoscere soprattutto alle nuove generazioni. Io avevo otto anni e ho vissuto quel periodo anche direttamente. Con la consapevolezza di ciò che stava accadendo». Ecco perché al premier piace molto il brano in cui Napolitano ricorda che «il 25 aprile non è solo Festa della Liberazione: è festa della riunificazione d'Italia». Napolitano parla di «guerra civile», riconoscendo dignità anche a chi combattè dall’altra parte, cita un liberale come Benedetto Croce, un socialista come Sandro Pertini. Ricorda il giovane capitano Franco Balbis, arrestato e fucilato il 5 aprile 1944, che in una lettera alla madre chiede di far celebrare «in una chiesa delle colline torinesi due messe», nell’anniversario della battaglia di Ain El Gazala e di El Alamein nelle quali aveva valorosamente combattuto. Poi Napolitano ricorda le parole con cui Berlusconi a Onna, con l’Abruzzo ferito dal terremoto, celebrò la Liberazione. «Il nostro Paese ha un debito inestinguibile - ha detto un anno fa in un impegnativo discorso il presidente del Consiglio - verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l’onore della Patria». Ricordando con rispetto, aggiunge Napolitano riferendosi ancora a Berlusconi, «tutti i caduti», senza che «questo significhi neutralità o indifferenza». Parole che dimostrano come l’asse tra Quirinale e Palazzo Chigi sia solido e per nulla toccato dalle tempeste politiche. Alle quali, invece, Napolitano fa riferimento con velenose stoccate alla Lega. «Mi si permetterà - chiosa il presidente della Repubblica - di ignorare qualche battuta sgangherata che qua e là si legge sulla ricorrenza del prossimo anno». Il riferimento è ai 150 anni dell’Unità d’Italia e agli sfregi di troppi leghisti. «Tutto il teatro - rimarca Berlusconi - ha sottolineato i vari passaggi del presidente della Repubblica in una partecipazione intensa. Un pomeriggio da ricordare».
Ma da Nord a Sud le polemiche sono molte. Ieri scritte a Roma contro i partigiani e contro il sindaco Gianni Alemanno. A Milano picchetto antifascista dei centri sociali per impedire il ricordo di Sergio Ramelli. «Episodi totalmente marginali - minimizza Alemanno - rispetto a un evento condiviso».

Il governatore leghista del Veneto Luca Zaia, «stanco delle polemiche» paragona l’Anpi ai Vietcong («Dopo 65 anni non sanno che la guerra è finita»), il neosindaco leghista di Dolo (Ve) si è tassato con la giunta per face celebrare «adeguatamente» la ricorrenza visto che non erano stati stanziati fondi a sufficienza. In Puglia, a Locorotondo, manifesti a lutto per celebrare Mussolini e i caduti della Rsi.

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