Roma - Sì, certo, servono ancora tagli, perché «la macchina istituzionale e burocratica resta pesante e costosa e bisogna alleggerirla»: il Quirinale, cancellando il concerto per il 2 giugno e sforbiciando gli inviti alla festa, ha già dato il buon esempio. Servono pure riforme, perché la politica è in crisi e può «riacquistare credibilità e prestigio tra i cittadini solo affrontando i cambiamenti necessari». Ma soprattutto, dice Giorgio Napolitano, servono intese «di ampio respiro»: maggioranza e opposizione, «senza confondere i ruoli», devono trovare un accordo per progetti di interesse generale, visto che «in gioco c’è il nostro comune futuro». Quello che invece proprio non serve è l’antipolitica: «Nulla - avverte - può sostituire le scelte che deve fare il Parlamento».
La mano appoggiata sulla ringhiera, i giardini sullo sfondo, nuvole minacciose sulla testa, il vento che gli muove la giacca. All’ora di pranzo il presidente esce dal suo studio nella Palazzina del Fuga e si ferma in terrazzo per tracciare un breve bilancio a un anno dall’elezione e per dare «uno sguardo sereno al futuro». Niente voti, premette, a Palazzo Chigi: «Non spetta a me dare giudizi sull’azione di governo, non interferisco nel dibattito tra gli opposti schieramenti politici». E se le cifre del bilancio vanno un po’ meglio, allora occorre ringraziare quanti «imprenditori, lavoratori, contribuenti sensibili al dovere civico, hanno reso possibile la ripresa dell’economia che è tornata a crescere e il miglioramento dei conti pubblici». Ma non basta. Tesoretto o non tesoretto, i passi avanti «debbono andare al di là dei risultati raggiunti». Napolitano chiede «sforzi e innovazione», con un occhio alla possibilità di creare nuovi posti di lavoro.
Ognuno faccia la sua parte. «Bisogna rendere più razionale ed efficace la macchina, diminuirne i costi. Si impone perciò sobrietà e rigore nei bilanci». E anche, aggiunge, «nei comportamenti». I cambiamenti «sono necessari per riavere credibilità», però «non si può continuare a parlarne senza giungere a conclusioni». E attenti alle parole. «Bisogna avere il senso del limite e della responsabilità nel denunciare quel che non va. Se si fa di tutta l’erba un fascio si semina ulteriore sfiducia, non si aiuta la definizione di obiettivi precisi di rinnovamento». Ciascuno resti al suo posto: ce l’ha con Montezemolo? Con qualche volenteroso?
Quello che è certo è che non ci sono scorciatoie. «Si deve sapere - scandisce Napolitano - che per rinnovare la politica e le sue regole, i meccanismi elettorali e le istituzioni non c’è altra strada che il confronto e l’accordo fra le forze presenti in Parlamento e in altre assemblee elettive». Piazze, tavoli, referendum, società civili e parterres de roi possono pure attendere.
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