Dal narcotraffico ai dollari falsi, così si finanzia lo «Stato canaglia»

Kim Jong Il usa i diplomatici per piazzare la droga: ne hanno arrestati 50 in 20 Paesi diversi. L’affare? 500 milioni all’anno

Fausto Biloslavo

Traffico di droga, dollari falsi, contrabbando di sigarette e avorio sono i sistemi illeciti che permettono a Pyongyang di creare fondi neri in valuta pregiata che servono a sostenere il regime stalinista e a rincorrere la bomba atomica. Mai il termine «Stato canaglia» fu più appropriato come nel caso della Corea del Nord, che ha istituzionalizzato attività criminali perpetrate dai propri diplomatici, agenti segreti e unità delle forze armate. La denuncia del traffico di droga ordita dagli emissari di Kim Jong Il, il «caro leader» nordcoreano, è contenuta in un rapporto di venti pagine del Congresso americano del dicembre 2003, che si basa su informative della Cia e testimonianze dei principali responsabili delle agenzie anticrimine Usa. Ieri anche il Times ha pubblicato un’inchiesta con ulteriori dettagli sulle ramificazioni criminali del regime comunista.
Dal 1976 sono documentati «circa 50 casi, in 20 Paesi diversi, di diplomatici nordcoreani arrestati per i loro collegamenti con il traffico di droga», si legge nel rapporto del Congresso Usa. A Pechino l’ambasciata nordcoreana è rimasta coinvolta nel tentativo di vendere sei chilogrammi di eroina. In Egitto, nel 1998, è stato arrestato un diplomatico nordcoreano con 500mila pasticche di roipnol e lo stesso anno i servizi di Mosca hanno beccato un’altra feluca di Pyongyang che tentava di smerciare alla mafia russa 35 chili di cocaina contrabbandata dal Messico. Quattro anni prima era capitato lo stesso con un agente dei servizi nordcoreani. Altri rappresentanti della Nord Corea sono stati arrestati in Germania e all’aeroporto di Praga per traffico di droga. Non è finita. Il regime di Pyongyang ha ordinato alle navi militari di caricare la droga nei limiti delle proprie acque territoriali a bordo di imbarcazioni della Yakuza, la mafia di Tokyo, che l’avrebbe poi smerciata in Giappone. Secondo le stime americane, la Nord Corea incassa, dal traffico di droga, 500 milioni di dollari all’anno.
Il sequestro di stupefacenti più scabroso è avvenuto il 20 aprile 2003, quando la polizia australiana ha abbordato la nave nord coreana «Pung su», mentre tentava di contrabbandare 125 chilogrammi di eroina, attraverso Singapore, nelle acque territoriali di Canberra.
Secondo fonti di intelligence sudcoreane e disertori del regime stalinista, lo «Stato canaglia» ha cominciato a coltivare oppio negli anni Settanta, raffinandolo in eroina con un’apposita rete di laboratori. A causa delle alluvioni, le coltivazioni di papavero si sono ridotte e negli anni Novanta il regime si è dedicato all’esportazione di anfetamine, droghe sintetiche. Come la notoria «shabu», lo stupefacente più usato in Corea meridionale, Giappone e Sud Est Asiatico.
Secondo la Cia «il regime ha creato uno specifico ufficio per acquisire valuta pregiata, chiamato “Bureau numero 39”, sotto il diretto controllo del partito comunista nordcoreano». L’Ufficio 39 si occupa del traffico di droga, attraverso i canali diplomatici, le navi nordcoreane o le compagnie import-export di Stato. I fondi ottenuti con le attività illecite servono a garantire una vita agiata alla nomenklatura e comprare sul mercato nero materiale sensibile, comprese le componenti per le armi di distruzione di massa, come per la bomba nucleare appena testata. Il Wall Street Journal stimava che nel 2003 l’Ufficio 39 aveva incassato qualcosa come 5 miliardi di dollari, grazie ad attività illecite non solo legate alla droga. Lo «Stato canaglia» è specializzato anche in falsificazione di banconote, contrabbando di sigarette e di altri generi, come l’avorio.
Nell’aprile del 1998 la polizia russa ha arrestato Kil Chae Kyong, il segretario del «caro leader» che si occupava dei suoi conti segreti, mentre tentava di smerciare 30mila dollari falsi. Gli Stati Uniti hanno sequestrato fino a oggi 50 milioni di dollari falsificati dai nordcoreani. Il problema è che la zecca di Pyongyang è riuscita a stampare una banconota da 100 chiamata il «Superdollaro», perché talmente ben imitata da essere difficilmente scoperta. Il Times rivela che il regime comunista ha utilizzato anche terroristi scissionisti dell’Ira, come Sean Garland, capo di una fazione marxista, per distribuire il Superdollaro in Russia, Bielorussia e Irlanda. Ma non basta. La Nord Corea produce 41 miliardi di sigarette di marca contraffatte all’anno, che poi vende in Cina, Giappone e Stati Uniti, mentre sono almeno sei i diplomatici di Pyongyang espulsi da Paesi africani per aver contrabbandato avorio e corni di rinoceronte. «Lo scorso anno l’Fbi ha smantellato una banda cinese-nordcoreana che aveva un giro di contrabbando di decine di milioni di dollari all’anno grazie alla vendita illegale di banconote e francobolli falsi, Viagra e fucili d’assalto Ak 47», ha scritto ieri il Times.
Per riciclare il denaro sporco il regime di Kim Jong Il aveva un conto segreto presso il Banco Delta di Macao.

La banca cinese, su pressione di Washington, ha congelato lo scorso anno i soldi nordcoreani, che hanno fatto il diavolo a quattro, abbandonando anche per questo motivo i negoziati con la comunità internazionale sul nucleare e chiedendo la restituzione immediata di 24 milioni di dollari.

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