«È nascosto a Mosca il registro segreto dei magistrati del Pci»

Massimo Caprara, ex segretario di Togliatti, rivela nel corso di un processo: l’elenco delle toghe affiliate veniva regolarmente trasmesso in Urss

Stefano Zurlo

da Milano

Il Pci aveva un registro segreto dei magistrati iscritti al partito. Questo elenco, riservatissimo, è oggi a Mosca. La rivelazione arriva da una fonte autorevolissima: Massimo Caprara, segretario del leader comunista Palmiro Togliatti e membro del Comitato centrale del partito dal ’43 al ’69. Nei giorni scorsi Caprara ha raccontato quel che sapeva a Trento in un processo per diffamazione nei confronti di Giancarlo Lehner, giornalista e saggista, querelato dagli eredi di Generoso Petrella, uno dei giudici, secondo Caprara, clandestinamente affiliati al Pci.
«I magistrati - spiega in aula Caprara - potevano certo iscriversi al Pci, ma questo non era noto a nessuno. Non comparivano assolutamente. Non solo perché loro non lo volevano, ma anche perché non era opportuno da parte del Partito Comunista». Il metodo di avvicinamento era però semplice: «Ci si iscriveva nelle sezioni, il segretario di sezione faceva nota di persona o per lettera» a chi di dovere. Ovvero ad Edoardo D’Onofrio, uno dei massimi dirigenti del partito e di quel livello occulto del Pci chiamato «lavoro riservato». «L’iscrizione era controllata dall’Ufficio quadri del Pci, cioè dall’onorevole D’Onofrio. E il Partito Comunista, quindi, delegava D’Onofrio a controllare quelle liste che si chiamavano fiches blindate, perché erano note soltanto a lui e soprattutto più di lui le conosceva l’onorevole Pietro Secchia, vicesegretario del partito».
Insomma, il Pci aveva una sua colonna nella magistratura: le tanto evocate toghe rosse. Ma l’appartenenza non doveva essere divulgata, evidentemente poteva essere gestita ad altissimo livello. «Io - mette le mani avanti Caprara - quel registro non l’ho mai visto di persona, ma lavorando nelle segreteria di Togliatti ne ero venuto a conoscenza. Il registro non annoverava solo magistrati, ma anche militari e scienziati. Tra questi ultimi, anche Bruno Pontecorvo, poi trasferitosi in Urss». In questo modo il Pci conosceva le forze di cui disponeva nella società e poteva in qualche modo costruire uno Stato nello Stato. «Per conoscere se un magistrato fosse o no iscritto al Pci, bisognerebbe consultare quel registro. Io non avevo bisogno di vederlo, perché i magistrati importanti li conoscevo direttamente. Ricordo in particolare due grandi magistrati che sono stati importanti anche per il dopo Togliatti: erano evidentemente iscritti al Pci in modo non pubblico», anche se Caprara non ha fra le mani prove documentali. I loro nomi? «Uno era il Procuratore generale di Genova Carmelo Spagnolo. E a Roma, Roberto Peretti Griva, in Cassazione. Furono grandi frequentatori del Ministero della giustizia e quindi anche grandi sostenitori del Pci».
Dopo Secchia e D’Onofrio, una terza persona di spicco del Pci si occupò dei giudici, ma questa volta il segretario di Togliatti non fa nomi, pur tracciando un identikit molto dettagliato: «È stato l’uomo che ha fatto fucilare Mussolini ed ha sottratto a lui e ai suoi addetti a Como il famoso oro di Dongo». Chi ha in mente Caprara? Lui nega ogni riferimento a Walter Audisio e Aldo Lampredi, protagonisti ufficiali della morte del Duce.

Il grande registro, secondo Caprara, non c’è più. Almeno in Italia. Però quei nomi venivano annotati e trasmessi a Mosca. «Quello che esiste oggi - è la conclusione - esiste solo a Mosca. Sarebbe consultabile solo se lo volesse Putin».

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