Il Nasdaq ci riprova e la Borsa di Londra dice ancora di no

Il London Stock exchange respinge un proposta d’acquisto da 4 miliardi di euro, superiore del 21% rispetto a quella di marzo

Rodolfo Parietti

da Milano

Respinti ancora. Il Nasdaq non riesce proprio a fare breccia nel muro eretto dal London Stock Exchange (Lse), che ieri ha rigettato la nuova proposta d’acquisto da 2,7 miliardi di sterline (circa 4 miliardi di euro) avanzata dalla Borsa tecnologica Usa. Un no secco, accompagnato perfino dal rifiuto poco british style di incontrare gli americani.
«L’offerta finale del Nasdaq - ha spiegato l’amministratore delegato del Lse, Clara Furse - non riconosce il notevole percorso di crescita, le prospettive del nostro gruppo su basi “standalone” e la posizione unica al mondo della Borsa». Eppure, il Nasdaq era pronto a mettere sul piatto quasi il 21% in più rispetto alla prima avance dello scorso mese di marzo. Del parere che Londra sia stata sottovalutata sono peraltro anche gli investitori: i titoli del Lse sono schizzati ieri del 6% a 1.291 pence, contro i 1.243 pence del take over.
L’amministratore delegato del Nasdaq, Bob Greifeld, ha detto agli analisti di essere «ottimista» sul fatto che la Borsa Usa avrà modo di discutere della proposta con il cda del Lse. L’intento dichiarato di mantenere la presa su Londra non risponde solo all’esigenza di dar vita, grazie all’integrazione fra i due mercati, a un gruppo «monstre». Oggi, il Nasdaq è il principale azionista del Lse, forte di un pacchetto pari al 28,75% del capitale, di recente irrobustito con l’acquisto di 7,1 milioni di azioni dallo Scottish Widows Investment Partnership con l’esborso di 87,8 milioni di sterline (130 milioni di euro). Per mettere assieme una quota così cospicua della Borsa di Londra, il mercato tecnologico Usa si è fortemente indebitato. Nel maggio scorso il rating di affidabilità del debito Nasdaq era infatti stato declassato al rango di junk (spazzatura), mentre l’esposizione nei confronti della sola Bank of America ammontava a due miliardi di dollari.
È evidente che un così imponente sforzo finanziario può trovare giustificazione solo se l’approdo finale è un merger. Integrando la più importante Borsa europea, il Nasdaq potrebbe offrire alla clientela un ventaglio di servizi molto articolato, a prezzi concorrenziali, grazie alla più ridotta incidenza dei costi operativi e senza i vincoli imposti dalla rigidissima normativa statunitense. Appare altrettanto chiaro che il sempre più probabile successo da parte dei concorrenti del New York Stock Exchange nella partita per la conquista di Euronext, dopo il forfait di Deutsche Börse, rende ancora più importante la riuscita della missione Londra.
Il Nasdaq, però, ha scelto una preda di non facile cattura, abituata fin dal 2004 a resistere agli attacchi. Su Londra, infatti, avevano già puntato - senza successo - gli svedesi di Omx (il consorzio che raggruppa le Borse di Copenaghen, Helsinki, Riga, Stoccolma, Tallin e Vilnius) e la stessa Deutsche Börse.

Un’offerta era giunta anche dall’australiana Macquarie Bank, mentre Euronext, dopo averne progettato l’acquisto, aveva preferito lasciar perdere.
Gli analisti sono tuttavia convinti che gli americani non getteranno la spugna. Anche a costo di presentare un ulteriore rilancio tra i 1.300 e i 1.350 pence per azione.

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