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"Bersagli di gentaglia senza dignità". La verità sugli scontri di Torino

Non c'erano solo studenti nel corteo di Torino, come sempre infiltrato dai soliti centri sociali: "Servitori dello Stato strumentalizzati a fini politici"

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Giovani armati di pietre, che tentano di sfondare cordoni di polizia e prendono a calci gli agenti, dalla solita narrazione di sinistra vengono definiti "bravi ragazzi" che vogliono solo esprimere il loro diritto alla manifestazione. La parte dei "cattivi" spetta sempre ai poliziotti, che nel momento in cui respingono gli attacchi con i mezzi a loro disposizione, diventano improvvisamente il braccio armato di quel fascismo che esiste solo nella loro immaginazione. Ed è sempre la stessa solfa, con i manifestanti che devono essere lasciati liberi di andare dove vogliono, di attaccare le forze dell'ordine nel caso queste li dovessero ostacolare. Le divise non devono reagire in questo strano mondo idealizzato dalla sinistra, devono subire in silenzio, immobili, le angherie dei ragazzetti che, attenzione, non sono solo studenti. Perché in questi cortei si infiltrano i sobillatori dei centri sociali che animano il corteo, i soliti antagonisti che cercano di farsi scudo proprio con i giovani che si lasciano traviare, convinti di essere parte di una rivoluzione inesistente.

"A Torino abbiamo assistito al peggio che attualmente si può trovare in strada, un raduno di scalmanati, il peggio dei movimenti violenti che si nascondono dietro alla sigla no tav, i più insofferenti e incivili appartenenti ai centri sociali Askatasuna che da troppo tempo agiscono indisturbati", spiega Pasquale Griesi, coordinatore nazionale reparti mobili FSP - Polizia di Stato, raggiunto da il Giornale.it. "Abbiamo assistito a diverse cariche di alleggerimento, indispensabili ahimè, ed infatti avvenute dopo la commissione di reati, si è in più occasioni disobbedito all’ordine dell’autorità che intimava agli occupanti di disperdersi e allontanarsi", prosegue il sindacalista ricostruendo quanto è avvenuto durante il corteo contro la Meloni di Torino.

E il copione è sempre lo stesso, perché, come sottolinea Griesi, "si cerca appositamente lo scontro: chi decide di affrontare un reparto inquadrato sa benissimo che attaccare chi rappresenta lo Stato indossando l’uniforme vuol dire attendere una risposta, anche se ciò, purtroppo, vuol dire per i servitori dello Stato essere strumentalizzati ai fini politici". Un canovaccio noto, che serve per scrivere la narrazione della polizia violenta e dei manifestanti che diventano vittime, "con la complicità di qualche politico di turno". Il sindacalista ci tiene a sottolineare con noi che "manifestare pacificamente è un sacrosanto diritto che noi forze dell'ordine, proprio noi, garantiamo". Ma in queste manifestazioni, prosegue, "ancora c’è chi si 'infiltra' per stravolgere tutto, spazzando via le ragioni di chi ha davvero un pensiero, che si può condividere o meno, ma che deve essere liberamente espresso".

E quindi ecco che si contano i soliti feriti tra gli agenti, "incolpevoli bersagli di gentaglia senza dignità, senza alcun onore, senza alcuna ragione", padri di famiglia, genitori di ragazzi come quelli che si sono trovati ad affrontare che, sottolinea Griesi, "hanno ricevuto pugni, calci, sputi, insulti di ogni genere per aver adempiuto ad un atto d’ufficio.

È questo quello su cui si dovrebbe riflettere, il resto è solo strumentalizzazione ipocrita".

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