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Cosa c'entra Matteo Messina Denaro col rapimento della piccola Denise Pipitone

Dopo gli appelli affinché Matteo Messina Denaro contribuisca a svelare la verità sul rapimento di Denise Pipitone, il legale di Piera Maggio parla di "strumenti" concreti per mettere nelle condizioni di parlare il boss mafioso

Cosa c'entra Matteo Messina Denaro col rapimento della piccola Denise Pipitone

Quello di Denise Pipitone non può essere considerato solamente un cold case. Quello della sottrazione di una bambina di tre anni e mezzo, svanita nel nulla da Mazara del Vallo nell’ormai lontano 2004, è una ferita che ancora sanguina. Ne è dimostrazione l’attenzione mediatica che da allora non è mai calata, alimentata di volta in volta da un avvistamento, da un’analisi di dna, da vicende processuali che procedono a singhiozzo, dall’attivismo instancabile di mamma Piera [Maggio] e papà Pietro [Pulizzi], affiancati in questo viaggio infernale dall’avvocato Giacomo Frazzitta.

Proprio il legale, nel corso della presentazione del libro scritto da Piera Maggio tenutasi a Vasanello, in provincia di Viterbo, ha rilasciato dichiarazioni importanti che riguardano un filone apertosi inaspettatamente il 16 gennaio scorso, con l’arresto di Matteo Messina Denaro. Da quel momento, infatti, diversi gli appelli all’ultimo grande boss di Cosa nostra affinché – in quanto dominus incontrastato del trapanese e, quindi, del luogo in cui è avvenuto il rapimento di Denise – possa dare il suo contributo verso la verità. Un appello fatto proprio dal legale, che sottolinea come, fino ad ora, Messina Denaro non si sia avvalso della facoltà di non rispondere: “Lui ha vissuto trent’anni in quel territorio, possiamo affermare che l’aveva sotto controllo. E non stiamo parlando, con tutto il rispetto, della Barbagia sarda, che è una zona impervia. Messina Denaro sapeva come muoversi, come non farsi catturare”. Un ragionamento preso alla larga per arrivare alla conclusione che “chi aveva il controllo del territorio, dovrebbe sapere qualcosa di Denise”.

Il condizionale è d’obbligo, ma a rifletterci ciò che sostiene Frazzitta non è solamente frutto di un esercizio vuoto di logica: il rapimento di una bambina – per fortuna – non è cosa di tutti i giorni. “Una storia come quella di Denise – dice l’avvocato - significa forze dell’ordine e servizi di sicurezza in massa sullo stesso territorio controllato dal boss”.

E lui lo sa in prima persona. Sin da subito a fianco di Piera Maggio, fu lui ad accompagnarla a Roma per confrontarsi con i vertici politici di allora, alla disperata ricerca di una sponda istituzionale per rintracciare la piccola Denise: “All’epoca Silvio Berlusconi era premier e Gianni Letta sottosegretario ai Servizi di sicurezza: ricordo che andammo a incontrarlo e notammo una volontà ferma di risolvere il caso e ritrovare Denise e diedero carta bianca alle forze dell’ordine e ai Servizi. Però non l’abbiamo trovata, anche se tutto questo ha creato qualche difficoltà ai traffici illegali”.

Vero è – come specifica lo stesso avvocato – che i traffici di Matteo Messina Denaro non erano quelli legati alla “strada”. Parliamo di traffici in campo economico ad alto livello, che quindi possono aver attraversato indenni quell’iniziale fase concitata dei primi mesi di ricerca. Ma indubbiamente chi gestiva traffici di più basso livello e agiva sotto il cappello di Messina Denaro, avrà avuto difficoltà, si sarà lamentato, avrà chiesto informazioni. Insomma, la criminalità organizzata non può essere rimasta insensibile al rapimento di Denise Pipitone.

“Alcuni giorni fa – ci racconta Frazzitta - per caso guardavo la trasmissione Non è l’arena di Giletti. Una signora, che dalle mani si vedeva essere molto giovane, l’amica più stretta di Andrea Bonafede, l’alias di Matteo Messina Denaro, la persona con la quale lui si confidava, a un certo punto dice: “Se lo ricontrassi, l’unica cosa che gli chiederei è di dirci dov’è Denise”. Io sono saltato dalla sedia e mi sono venuti in mente Antonio e Stefano Maiorana”.

Padre e figlio, imprenditori palermitani, i due sono scomparsi il 3 agosto del 2007. Un caso irrisolto. “Ebbene – ci dice l’avvocato - dagli atti dell’ultima indagine su questa vicenda è emerso che Matteo Messina Denaro stava andando a incontrare i Lo Piccolo”.

Quella dei Lo Piccolo è la famiglia mafiosa che all’epoca controllava il territorio interessato alla scomparsa dei due uomini. Le ricerche e il clamore mediatico suscitato creano non poco scompiglio nella zona e i picciotti chiedono conto di quella bagarre ai referenti del territorio, che però non sono di nessun aiuto.

Torniamo allora all’incontro con Messina Denaro: “Un pentito ci racconta che viene organizzato un incontro con Messina Denaro [è il 5 novembre del 2007, ndr]. Non perché lui fosse coinvolto, ma perché aveva anche lui notizie su quella vicenda. Sta per andare a incontrare i Lo Piccolo nel covo e, racconta il pentito, improvvisamente sentono un elicottero. Allora Matteo Messina Denaro ordina di fare retromarcia e andare via: è il giorno in cui prenderanno i Lo Piccolo. Se fosse arrivato in questa casa, osserva il collaboratore di giustizia, avrebbero preso tutti”.

Questo episodio innesca nell’avvocato Frazzitta un ragionamento: se Matteo Messina Denaro era a conoscenza di fatti che interessavano un territorio non di sua diretta competenza, figurarsi di un evento come la scomparsa di una bambina sotto il suo naso. E allora cosa fare, al di là degli appelli? Giacomo Frazzitta un’idea ce l’ha: “Per il mio lavoro mi occupo e mi sono occupato anche di assistere gente che è stata indagata e imputata per reati di mafia e mi rendo conto quanto sia difficile dover rispondere a una qualsiasi domanda, perché poi una cosa tira l’altra, una risposta genera altre domande. Ci sono però strumenti per poter sapere qualche informazione e mi auguro che questi strumenti Matteo Messina Denaro li ponga in essere. Io non dico che debba violare la legge, però in qualche maniera ci può far sapere qualche informazione”.

Quali sono questi strumenti? È possibile che qualcuno, un cittadino comune come può essere Piera Maggio, possa rivolgersi a un detenuto al 41bis della caratura di Matteo Messina Denaro per chiedere informazioni circa la sorte di Denise? “Al di là del fatto se sia possibile o meno – precisa Frazzitta – è evidente che se un cittadino incontra Matteo Messina Denaro con un’autorizzazione speciale del magistrato di sorveglianza, che potrebbe benissimo esserci, attenzione, a fronte di una richiesta motivata come può essere quella di una madre che cerca la figlia, credete che questo incontro non venga registrato? E allora, quali sono i colloqui che non vengono registrati per legge? Quelli con gli avvocati. Almeno ufficialmente”.

“Per questo – conclude l’avvocato Giacomo Frazzitta – ho detto che spero che Messina Denaro in una forma non illegale ci faccia arrivare qualcosa. Per questo. E in questo momento sto lanciando una precisa indicazione, che non è tanto Piera Maggio che vada a parlare, ma che lui ci faccia in qualche maniera – attraverso anche il segreto professionale – sapere qualcosa”.

In poche parole l’avvocato Frazzitta spera che il boss attualmente detenuto al 41bis e, da quello che si conosce, con una prospettiva di vita piuttosto limitata di fronte a sé a causa di una grave malattia, affidi a un legale quanto a sua conoscenza riguardo la sorte di Denise Pipitone. Un gesto, questo, con cui - secondo Piera Maggio – Messina Denaro potrebbe in parte redimersi delle nefandezze che gravano sulle sue spalle.

Non resta che sperare, allora, che la “precisa indicazione” lanciata dall’avvocato Frazzitta arrivi alle orecchie giuste e che ciò porti un briciolo di verità a chi da quasi vent’anni sta cercando la propria figlia fin ora senza risultati.

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