Un cuore nuovo per uomini nuovi

La crisi della virilità è innanzitutto una questione di cuore. Bisogna dunque ripartire da qui se vogliamo che i nostri ragazzi sappiano sacrificarsi per coloro che amano

Un cuore nuovo per uomini nuovi

Per gli antichi il cuore era la sede del coraggio. Il luogo in cui albergava quella forza che permetteva a un uomo di sacrificarsi per gli altri. Per le persone che amava. Soprattutto negli ultimi tempi, però, si è assistito a un cambio di paradigma e questo organo, che pompa il sangue e che ci tiene in vita, è diventato la sede dei buoni sentimenti. Quelli un po’ mielosi che hanno a che fare con il vivere civile. Nulla di male, sia chiaro. Essere gentili e persone per bene è importante. Ma non è abbastanza.

Da decenni assistiamo alla crisi della virilità, un argomento che è stato vivisezionato da Claudio Risè sia nel suo lato più selvaggio sia in quello paterno, due facce della stessa medaglia. Di libri che cercano di spiegare che cos'è un vero uomo e come dovrebbe comportarsi ce ne sono molti, la gran parte dei quali è inutile. Spiegano come pensare, cosa dire, come vestirsi e anche come sedurre le donne. Ogni giorno, o quasi, una casa editrice ne pubblica uno. E sapete perché? Perché funzionano. Ragazzi e adulti cercano modelli da seguire, senza però trovarli. Anche facendo zapping in tv gli esempi sono sempre gli stessi: il calciatore, il trapper, il politico furbetto e così via. E allora ecco diffondersi certi tagli di capelli, certi tatuaggi, certi modi di fare. Ma non si comprende che bisogna andare a fondo della questione. Al suo cuore. Anzi: al cuore dell'uomo. Ed è quello che fa John Eldredge nel suo Cuore selvaggio. Viaggio nell'animo maschile (Edizioni Ares).

L'autore americano riparte da quest'organo ormai caduto in disgrazia e si aggrappa ad esso con forza e linguaggio asciutto. Maschile. Del resto, l'Uomo per eccellenza in quanto Dio, aveva detto: "Sia il vostro parlare sì sì, no no". Nulla di più. L'essenziale. Così Eldredge spiega che il cuore dell'uomo è selvaggio, ha bisogno cioè di avventura ("un desiderio struggente scritto nell'anima") e di spazi infiniti da percorrere ("dove, finalmente, la geografia intorno a noi corrisponde alla geografia del nostro cuore"). Ora, però, i nostri cuori si guardano attorno e si scoprono smarriti, chiusi in uffici senz'anima e senza damigelle da salvare. È la ricerca di spazi interminabili ad aver mosso gli esploratori passati ed è ciò che ancora oggi ci fa sospirare quando guardiamo il cielo: "Che c'è lassù? Come sarebbe il mondo visto dalla luna? Come mai tutto è così perfetto? E qual è il mio destino nel quaggiù?".

Tutto per il cuore dell'uomo è una sfida. Una battaglia. Decenni di castrazione dell'uomo, dal '68 in poi, ce lo hanno però fatto dimenticare: "L'aggressività è parte integrante della natura originale del maschio; siamo programmati per questo. Se crediamo che l'uomo sia fatto a immagine di Dio, allora faremmo meglio a ricordarci che 'il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome' (Es 15, 3)". Essa è dunque una risorsa e va indirizzata verso battaglie giuste. Ma quali sono quelle giuste? Anche qui facciamo un esercizio: guardiamo ciò che accade attorno a noi. L'unico valore, o per lo meno quello più importante, è il successo, soprattutto sul lavoro. Sia chiaro: non c'è nulla di male a voler eccellere nel proprio settore. Il problema è quando si sacrifica tutto per esso. Primi tra tutti, gli affetti. E così l'unico dio diventa il nostro io. Nelle cose più grandi come nelle più piccole (proprio ieri Malika Ayane elogiava la vita da single con queste parole: "Vuoi mettere il piacere di fare la prima, lunghissima, pipì del mattino in un bagno che non usa nessun altro?"). Le statistiche sono drammatiche: a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli uomini hanno perso il 40% del proprio tempo libero. Non ne hanno più. Non possono dedicarsi alla famiglia o ai propri passatempi e così non solo diventano dei frustrati ma allevano pure dei frustrati. Ed è il motivo per cui Eldredge dedica diverse pagine all'importanza del tempo da dedicare alla famiglia perché un uomo, prima di tutto, è un servitore.

L'autore è in montagna insieme ai suoi due figli. Si stanno arrampicando su una parete impegnativa. Il primo comincia a cedere. Ha paura di non farcela, ma vuole arrivare in vetta. Così il padre comincia a spronarlo: "Metti la mano lì, girati, sposta il piede". E intanto lo aiuta con la corda. Il piccolo, quasi senza rendersene conto, arriva in cima. Al ritorno, però, si fa pensieroso e chiede a Eldredge: "Papà... davvero credi che mi sia comportato da uomo lassù, davvero ero inarrestabile?". Una domanda retorica che però ha bisogno di un sì: "Mancate quel momento e mancherete il cuore del vostro ragazzo per sempre. La sua non fu una domanda, fu la domanda, la domanda che ogni ragazzo e ogni uomo bramano di fare. Sono davvero all'altezza? C'è in me la forza necessaria per affrontare la vita? Fino a che un uomo non sa di essere un uomo, egli passerà la vita a tentare di provare a esserlo e allo stesso tempo passerà la vita a scappare da qualsiasi situazione che possa rivelare il contrario".

Per pronunciare quel sì, però, bisogna esserci. Bisogna stabilire le proprie priorità nella vita. Quel moto di cui abbiamo bisogno per essere davvero uomini. "Esplora, costruisci, conquista", scrive Eldredge. Difendi la tua posizione. Servi chi hai attorno a te.

Ama, perché il cuore parla al cuore. E, alla fine dei tuoi giorni, guarda in faccia la morte e sospira: "Fiat voluntas tua". Sia fatta la tua volontà. Perché nel cuore sai di aver fatto il possibile affinché ciò avvenisse.

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