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L'antiterrorismo a casa di Chef Rubio e lui sparisce dai social: ecco cosa succede

Gli agenti hanno sequestrato i device elettronici dell'ex chef televisivo per effettuare approfondimenti sulle sue attività telematiche

L'antiterrorismo a casa di Chef Rubio e lui sparisce dai social: ecco cosa succede
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Dal 16 luglio i profili social di Gabriele Rubini, alias Chef Rubio, tacciono. In tanti si sono chiesti dove fosse finito l'ex cuoco televisivo che da qualche tempo fa l'attivista a tempo pieno per la Palestina. La risposta è arrivata da Alberto Fazolo, un altro attivista, che dai social ha riferito l'impossibilità per Rubini di utilizzare i suoi device elettronici, che gli sono stati sequestrati dalle forze dell'ordine a seguito di una perquisizione. "La mattina del 17 luglio alle 7:00, gli agenti della Divisione investigazioni generali – Operazioni speciali. III Sezione Antiterrorismo Interno della Questura di Roma hanno fatto una perquisizione nella casa di Gabriele Rubini, in arte, Chef Rubio, in cui hanno sequestrato tutti i suoi strumenti elettronici e le chiavette USB", si legge nel comunicato.

Rubini sarebbe stato trattenuto in commissariato fino alle 19.50 dello stesso giorno, quando poi è stato rimandato a casa. "L’obiettivo dell’operazione era di acquisire informazioni sulle sue attività telematiche, contestandogli due post sul proprio profilo X, nonché cercare all’interno delle sue chat private di Telegram e Signal", si legge ancora nella comunicazione. Rubini "è privo di strumenti elettronici e fino al dissequestro non ha accesso ai propri profili, chat e cloud (non sono stati chiusi). Per questo motivo ha chiesto a me, Alberto Fazolo, di riportare ciò. Gabriele è libero, ci tiene a garantire che sta bene, ma per un po' non avrà modo di comunicare attraverso i suoi canali o recapiti. Pertanto, inutile cercarlo".

Secondo chi ha scritto il comunicato, "da anni è perseguitato e bersagliato per la sua attività di denuncia della pulizia etnica della Palestina". Il Corriere della sera riferisce che i post al centro dell'indagine sono stati pubblicati lo scorso maggio, il 21 e il 22. Nel primo, Rubini scriveva: "Morte ai diplomatici complici del genocidio in atto da 77 anni, morte agli invasori e a chi li finanzia, morte al colonialismo, suprematismo, razzismo e odio antimusulmano. Morte quindi al sionismo e alla colonia ebraica. Lunga vita alla Palestina e ai nativi semiti palestinesi". È stato scritto poche ore prima dell'attentato di Washington in cui persero la vita dei diplomatici israeliani dell'Ambasciata americana.

Il secondo post, scritto alcune ore dopo, diceva: "Che differenza c'è tra un impiegato dell'ambasciata della colonia ebraica e un soldato suprematista ebraico che massacra i palestinesi per il loro solo esistere e resistere? Che uno esegue gli omicidi (Eichmann) e l'altro fornisce legittimità e mezzi per farlo impunemente".

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