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Lo strano silenzio dell'antimafia rossa su De Luca

L'audizione del Procuratore capo di Caltanissetta su Pignatone e Prestipino ignorata o irrisa dai giornali che hanno costruito teoremi e inchieste sulla pista nera dietro le stragi di Falcone e Borsellino

Lo strano silenzio dell'antimafia rossa su De Luca
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Un bel tacer non fu mai scritto. Dopo l’audizione choc del Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca, che ha smantellato la bufala della pista nera dietro le stragi di mafia dell’estate 1992 e ha messo in croce i colleghi di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone che hanno contribuito a «isolarlo e renderlo un bersaglio per la mafia» come il senatore M5s Roberto Scarpinato e l’ex Procuratore capo di Palermo Giuseppe Pignatone, i soliti quotidiani che per anni hanno pasturato su queste tesi hanno scelto tre strategie diverse. Repubblica è rimasta inl silenzio. Neanche una riga sull’intemerata di De Luca in comissione Antimafia, neanche un pezzo in difesa di Pignatone - in passato più volte autore di commenti ed editoriali sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari - né alcun ragionamento sul dossier mafia-appalti, colpevolmente affossato per salvaguardare quella borghesia mafiosa con cui alcuni magistrati facevano affari. D’altronde, il corto circuito è evidente: sono così abituati a fare copia-incolla delle suggestioni giudiziarie che di fronte a una ricostruzione che fa a pezzi trent’anni di narrazione mainstream non sapevano come comportarsi. Stessa scelta per il Domani, che invece ha deciso di buttarla in caciara accusando il Guardasigilli Carlo Nordio di essere in qualche modo responsabile del processo infinito all’ex capo di Confindustria Antonello Montante, accusato di essersi costruito l’immagine di icona antimafia anche grazie a lusinghieri articoli di giornalisti a busta paga che Attilio Bolzoni, autore del pezzo, conosce ahilui fin troppo bene per averci litigato.

Il Fatto quotidiano ha vergato un pezzo insolitamente polemico con un magistrato come De Luca, criticandolo per essersi «esposto» e accusando il centrodestra di «gradire» questo affondo. «Per il centrodestra i magistrati devono fare le indagini in silenzio se non sono d’accordo. Invece, se gradiscono, possono esporre tesi, perché di questo si tratta finora». Siamo al bue che dice cornuto all’asinello del presepe antimafia, perché per anni il quotidiano diretto da Marco Travaglio sulle «tesi» di Scarpinato e altri magistrati in chiave anti centrodestra - da Silvio Berlusconi mandante delle stragi agli improponibili legami (anche per motivi anagrafici) tra attuali esponenti di Fdi e schegge dell’eversione nera ci hanno costruito carriere, libri e comparsate tv.

Il Corriere della Sera si supera, attribuendo ai «togati di destra (sic)» la scelta di nominare il discusso Pietro Gianmanco - considerato anch’egli contiguo a certi ambienti malavitosi - alla Procura di Palermo al posto di Falcone, quando anche i bambini sanno che furono le toghe rosse a sbarrare la strada e la carriera al giudice saltato in aria a Capaci. È il khomenismo che Falcone temeva come alternativa a una verità difficile da digerire: i nemici dei giudici eroi nel «nido di vipere» sono le fonti che hanno propalato queste false tesi.

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