Esercitazioni estreme per prepararsi alla guerra tra i ghiacci

Reportage su Ice Patrol, la seconda fase dell’esercitazione internazionale Volpe Bianca 2024, dedicata al Mountain Warfare in ambiente invernale

Esercitazioni estreme per prepararsi alla guerra tra i ghiacci
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(Corvara) Il sole è ormai calato da ore e, a scaglioni, le truppe alpine dell’Esercito raggiungono il punto di partenza di Ice Patrol, la seconda fase dell’esercitazione internazionale Volpe Bianca 2024, dedicata al Mountain Warfare in ambiente invernale. Sulle spalle hanno 25 chili di zaino, ciaspole e sci e, per oltre 48 ore, dovranno vivere tra neve e ghiaccio percorrendo venti chilometri con un dislivello di circa mille metri. Partono di notte, quando la temperatura segna parecchi gradi sotto lo zero. Si schierano attorno al VM che li accompagna, fornendo il nome della pattuglia e l'orario della partenza. Quattordici squadre in tutto, ognuna delle quali è composta da otto militari che provengono dalla Julia, dalla Taurinense, dal 2° Reggimento Trasmissioni Alpino e perfino dall’Esercito rumeno. Indossano gli sci e si muovono nella notte. È l'inizio. Cercano il Nord e, dopo aver consultato la mappa, decidono la strada da percorrere per raggiungere la tappa successiva, consapevoli che dovranno dosare le energie perché 48 ore sono lunghe e il freddo un compagno fin troppo fedele.

A salutare la sua pattuglia, quella del 5° Alpini, arriva il colonnello Giulio Monti: "Vedere i miei ragazzi partire è un'emozione infinita perché mi ricorda di quando ero io al loro posto, con attrezzature decisamente diverse, che oggi sono migliorate, permettendo ai nostri soldati di operare nelle condizioni migliori". Inizia la marcia. Le truppe alpine spariscono nel bosco, per affrontare le prove che le aspettano, tra cui il tiro con l'arma individuale e il trasporto a tempo di un ferito su di un percorso di quasi due chilometri. È l'alpino Filippo Dalla Verde a raccontare le emozioni provate durante questa esercitazione: "Ero il barelliere e avevo anche il Glx sull'arma. Durante la pattuglia, uno degli ostacoli che abbiamo dovuto affrontare era quello verticale: un terreno impervio, roccioso, sporcato dalla neve, dal fango e dalla terra".

Le difficoltà più grandi, però, sono ovviamente di notte, quando la temperatura raggiunge i quindici gradi sotto lo zero: "È difficile vedere e non ci si può affidare agli occhi. Bisogna fare tutto usando il tatto. L'approccio all'ostacolo è molto delicato perché è facile scivolare e cadere. Una volta arrivati all'ostacolo ci si deve subito assicurare. Noi abbiamo sempre un imbrago addosso con una daisy chain, un moschettone twist lock che andiamo subito a mettere sulla corda per essere assicurati. Una volta fatto questo, inseriamo anche la maniglia Jumar, che ci serve per assicurarsi alla corda e avanzare senza poi tornare indietro".

E poi, conclude l'alpino: "L'addestramento serve per fare le cose giuste e precise senza stare lì a pensarci dieci minuti. E questo secondo me vale tanto". Soprattutto in un momento storico in cui le guerre aumentano. E il fronte artico si scalda sempre di più.

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