Nedved scopre l’America ma pensa all’Italia

Gian Piero Scevola

La prima volta non si scorda mai e quella che si giocherà nel pomeriggio a Gelsenkirchen tra Usa e Repubblica Ceca rappresenta davvero un qualcosa di mai visto in passato perché le due nazionali non si sono mai incontrate, neppure quando c’era l’ex Cecoslovacchia. Un esordio che sa già di spareggio per decidere chi, toccando tutti gli amuleti possibili, dovrebbe fare da damigella d’onore all’Italia negli ottavi.
La nobiltà della Vecchia Europa si scontra contro gli sbarbatelli di Bruce Arena che, mai come questa volta, è sicuro del fatto suo. «Sulla carta, questa è la migliore nazionale americana di sempre», afferma il tecnico che dall’ottobre 1998 guida la nazionale a “stelle e strisce”. «Volevo incontrare in un mondiale l’Italia, il Paese dei miei genitori, era un sogno per me e questo sogno si sta avverando». Sembra quasi che i cechi neppure esistano, tanta l’attenzione di Arena sull’Italia, ma è solo un attimo. Perché la dura realtà odierna è ben presente in casa Usa. «Hanno un attacco da paura», mette le mani avanti il portiere Kasey Keller. «E anche se non ci fosse Baros, sono sempre in condizione di fare un paio di gol a chiunque, su questo non c’è nessun dubbio». «Non accettiamo di essere sottovalutati, non siamo la Cenerentola del girone», precisa secco il difensore Jimmy Conrad. «Abbiamo dimostrato di poter giocare contro chiunque, non abbiamo sensi di inferiorità. Siamo un grande gruppo e stiamo anche prendendo esperienza, quindi stiano bene attenti i nostri avversari». Abbiamo tre squadre fantastiche come rivali nel girone, tutti ci danno già spacciati, ma attenti alle sorprese», ammonisce l’attaccante Josh Wolff. «La mobilità delle loro punte mi preoccupa molto», chiude il discorso Arena.
Prima volta per gli Usa, ma anche per la Repubblica Ceca che, dopo la separazione dalla Slovacchia, non era più riuscita a qualificarsi, nonostante il titolo europeo nel 1996 e il possibile bis buttato via nel 2004 in semifinale contro la Grecia. Un debutto quindi, ma anche un addio perchè, per motivi anagrafici, i vari Nedved, l’ex laziale Poborsky, Galasek, Koller sono dei principianti senza futuro, ultimi esponenti della generazione d’oro del calcio ceco, eroi ai quali la nazione ha chiesto l’ultimo sacrificio. E loro, Nedved in particolare che aveva lasciato la nazionale per poi tornare per queste finali mondiali, non hanno saputo dire di no. Anche se arrivano con bende e cerotti: Smicer è tornato a casa; la stella Baros, capocannoniere degli europei, oggi non ci sarà: Koller è reduce da un lunghissimo infortunio; Jankulovski, Nedved, Galasek e Grygera hanno vissuto un anno altalenante a causa di molteplici problemi fisici.


Ma il tecnico Karel Bruckner, anche lui all’esordio, non demorde, sa che questa è l’ultima chance per vincere un mondiale (gli emergenti cechi non sono all’altezza di questi vecchietti) e fa buon viso all’assenza di Baros che sarà sostituito da Heinz o Stajner, con Koller unica punta.

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