Non si trova più unanima bella, in tutta Brescia, che se la senta di censurare Franco Presot, il commerciante cecchino per disperazione. I termini della sua vicenda umana sono molto semplici: ha avviato un supermercato in via Carducci, zona limitrofa al centro cittadino, e coltiva semplicemente il sogno di esercitare in pace il suo mestiere. Non è una pretesa fuori dal mondo. Ma fra questa sua modesta ambizione e la cruda realtà dei fatti ci sta una dozzina di rapine. Difficile, di fronte a questa plumbea sequela, rinfacciare al titolare del supermercato il porto darmi. Ed è altrettanto difficile sostenere che non dovrebbe usarle, queste armi.
Dice il figlio Nicola, 35 anni, mentre aspetta che il papà torni dallospedale, dove è rimasto dallaltra sera sotto osservazione per le botte ricevute in testa dal rapinatore: «È almeno il dodicesimo tentativo di rapina che subiamo. Quando reagiamo non è perché vogliamo comportarci da Rambo. Semplicemente, in quei momenti, viene spontaneo fare di tutto per difendersi...».
Ovviamente il sofismo di certi garantisti dice altre cose: non può passare la giustizia fai da te, non si può esagerare con lautodifesa, in fondo i rapinatori sono disperati. Come tutte le teorie, anche questa è perfetta. Ma tra gli scaffali di Presot, vacilla paurosamente. Si scontra con la concitazione delle situazioni, con limprevedibilità della delinquenza, con il panico dei clienti. La famiglia Presot non intende subire impassibile e rassegnata. Reagisce. Anche se meglio sarebbe dire: si difende. «Chiedete in giro se mio marito è un Rambo - commenta ancora scossa la moglie Tiziana -: se cè uno che si dà da fare per tutti, che si fa in quattro per gli altri, questo è lui. Se ha sparato è perché non ne può più».
Nel 95, una sera di fine ottobre, la reazione portò al dramma. Un rapinatore morto e il suo complice salvato miracolosamente dai chirurghi. Stavolta, se non altro, il balordo che ci ha provato - sempre di sera, sempre prima della chiusura - se la caverà con poco, una ferita nel gluteo. Tra i due casi più eclatanti, una lunga sequela di spaventi. In zona cè chi ricorda lepisodio del 2005, in pieno agosto: il solito rapinatore, la solita reazione, ma questa volta senza ricorrere alla pistola. Presot si armò strada facendo, lungo le corsie: prima prese il delinquente a colpi di bistecca, quindi a scopate in testa, obbligandolo a precipitosa fuga.
Adesso si fa in fretta a dire. In città, come al solito, si fanno trovare tutti quanti al posto previsto: la politica esprime solidarietà e nel contempo denuncia i rischi dellautodifesa, le associazioni di categoria invocano tutela, i responsabili dellordine pubblico promettono un maggiore impegno contro la microcriminalità, le forze dellordine denunciano la cronica lacuna di forze. Nellattesa, dopo una dozzina di rapine, Franco Presot si ritrova sempre al punto dinizio: solo, esposto al primo farabutto che coltivi strane idee, ora pure spaventato allidea di come la mala potrebbe reagire a questo suo metodo. Stavolta, quanto meno, non dovrebbe finire sotto inchiesta: sentito dagli inquirenti, sembra aver fornito dichiarazioni convincenti.
Quando lascia lospedale porta ancora i segni del furibondo match. Dellaltra sera, ricorda tutto benissimo: «Mi sono accorto che stava entrando un malintenzionato: si era messo subito a correre verso la cassa. Ho preso la mia pistola e sono andato ad affrontarlo. È nata una colluttazione che è durata parecchi minuti. Ci siamo trascinati fino alla strada. Il rapinatore voleva risalire in auto per fuggire, ma non cè riuscito. Nella lotta è partito un colpo. Lui, ferito, ha cercato di riprendere la sua pistola, ma non aveva più forze. Sono riuscito a tenerlo fermo. Poi è arrivata la polizia».
Quando gli si chiede dove trovi il coraggio, lui che è sì un cacciatore incallito, ma non è certo un mastrolindo, la risposta suona di naturalezza assoluta: «Il coraggio viene da solo. Mi è già successo troppe volte. Nel 95 il bandito aveva minacciato mia moglie puntandole la pistola alla tempia. Se non sparavo io, sparavano loro. Laltra sera ho affrontato il rapinatore, anche se era armato, perché pensavo che lasciasse perdere. Invece ha insistito. Non so se fosse drogato. Certo non mi è sembrato molto lucido e normale...».
Cronache di una serata qualunque in un qualunque quartiere di una qualunque città italiana.
Il negoziante che spara ai banditi «Dopo 12 rapine trovi il coraggio»
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