Nei conti del Banco di San Giorgio la Genova che contava davvero

Nei conti del Banco di San Giorgio la Genova che contava davvero

Seicento anni fa, il 27 aprile 1407, inizia la straordinaria avventura della Casa e del Banco di San Giorgio, espressione di quel talento per gli affari con cui i Genovesi riusciranno a creare un impero finanziario, assumendo il ruolo di «banchieri d'Europa». La soppressione del Banco, decretata da Napoleone nel 1805, dopo quattro secoli di vita, coinciderà con la fine della potenza economica della Superba.
In quel lontano 27 aprile, il maresciallo Boucicault, governatore di Genova per il Re di Francia, conferisce pieni poteri all'Ufficio dei Procuratori di San Giorgio perché venga fatto ordine nel caos dell'immenso debito pubblico. Da tempo, infatti, le grandi famiglie prestano allo Stato i capitali necessari a finanziare le iniziative più costose, come l'armamento delle navi, le spedizioni militari, la costruzione di opere di difesa cittadina. In cambio, i creditori possono recuperare denaro e interesse attraverso l'esazione di imposte pubbliche: i prestiti si chiamano «compere» perché i creditori «comperano» il diritto di riscuotere per proprio conto le gabelle statali. Le compere sono frazionate, attraverso un complesso meccanismo di computo, in quote dette «luoghi».
Nel giro di quattro anni l'Ufficio dei Procuratori riesce a riunire e convertire i prestiti esistenti in un debito unico e redimibile (che diventerà perpetuo nel 1539), con un interesse del 7 per ogni «luogo» di 100 lire. L'amministrazione del debito pubblico è riservata ad una compagnia indipendente che rappresenta i creditori: la Società delle Compere e dei Banchi di San Giorgio - chiamata nell'uso comune Ufficio o Casa delle Compere, e poi Banco di San Giorgio - retta da otto amministratori, che dal 1412 prendono il titolo di «Procuratori e Protettori delle Compere di San Giorgio».
Con il nuovo ordinamento del 1407 l'Ufficio di San Giorgio stabilisce la propria sede nell'edificio costruito nel 1260 da frate Oliviero per i Capitani del Popolo: è il Palazzo a Mare o della Dogana, con le fondamenta lambite dalle acque e ormeggi sui lati esterni. Nel 1451 verrà ceduto dal Governo al Banco, assumendo il nome di Palazzo di San Giorgio.
La formula funziona: lo Stato ottiene i capitali che gli occorrono, i creditori si arricchiscono. I «luoghi», infatti, costituiscono un investimento prudente per Genovesi e forestieri. Dal 1408 San Giorgio diventa anche banca, con una nuova istituzione che è insieme cassa pubblica e istituto di credito privato. Le stanze in cui si custodisce il denaro portano un nome significativo: «Sacrestie».
Grazie alla lettera di cambio, basta che il mercante genovese in partenza, ad esempio, per la colonia di Caffa, depositi una somma al Banco, per poterla riscuotere a destinazione, senza dover affrontare il rischio di portare con sé denaro contante. Per la saggezza dei suoi ordinamenti e per l'eccellenza delle tecniche e degli strumenti finanziari usati (come la partita doppia e l'interesse composto), il Banco di San Giorgio verrà preso a modello dagli istituti di credito nati successivamente in Europa.
Nella perenne instabilità politica che affligge Genova per le lotte intestine tra fazioni contrapposte, una gamma sempre più ampia di competenze viene attribuita al Banco: monopolio del sale, esazione di gabelle e diritti doganali, controllo del Portofranco e del traffico di importazione ed esportazione, emanazione di proprie leggi e nomina di magistrati, ma anche governo di colonie e di terre (tra cui la Corsica, Cipro, le colonie del Mar Nero e diversi luoghi nelle riviere di Levante e Ponente). E perfino disponibilità di eserciti, flotte e rappresentanti diplomatici.
Nel Cinquecento e nel Seicento il prestito di ingenti somme alla Corona di Spagna, fornite dal Banco di San Giorgio (ma anche da singole famiglie, come i Centurione e gli Spinola), costituisce per i Genovesi un formidabile strumento di penetrazione economica nell'Impero spagnolo. Una grossa fetta dell'oro e dell'argento provenienti dalle Americhe finisce così all'ombra della Lanterna, per pagare gli interessi del debito. Il declino della Spagna nel Settecento si rifletterà con conseguenze drammatiche sulle fortune della Superba.


Il Banco di San Giorgio è davvero uno «Stato nello Stato», come lo hanno visto Niccolò Machiavelli e altri? No, ritengono diversi studiosi, perché all'interno il Banco si limita a svolgere funzioni economiche e finanziarie, curando lo sviluppo dell'industria e del commercio. Esercita una funzione politica esclusivamente per delega dello Stato, sulle terre e colonie che gli vengono affidate.

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