da Roma
Riccardo Pirrone aveva una colpa: non era un arbitro omologabile. E per questo il calcio che ricevette dal collega Ayroldi nel ritiro di Coverciano nel giugno del 2001 non fu solo «un episodio un po casuale, come ce ne sono di più importanti anche tra giocatori», come disse il designatore arbitrale Pierluigi Pairetto. Per quella lite con Ayroldi, per la totale assenza di solidarietà, Pirrone rimase solo e disse no. Si dimise dalla Can nel 2001, poi dall'Aia. Pirrone, che oggi ha 41 anni, non è stupito da quanto sta accadendo: «Penso di poter parlare a testa alta perchè a differenza di altri in questo sistema sono stato sempre ai margini, perchè avevano capito che con me non c'era niente da fare... Le lamentele degli arbitri che ho letto in questi giorni mi fanno ridere... io certe cose le avevo denunciate ai miei tempi - attacca Pirrone - Favoritismi, lobby, figli e figliastri: furono queste considerazioni che mi portarono alle dimissioni. L'episodio di Ayroldi fu solo la goccia... I designatori Pairetto e Bergamo non si curarono affatto di me. Chi sta dentro, sa che in quel mondo o sei schierato o sei fatto fuori. Tutto quello che ho sempre sospettato, ora sta emergendo». E ancora: «Anche in quel caso si può parlare di Triade... arbitrale. E quella signora (la Fazi, ndr) era la terza forza, era in perfetta sintonia con Bergamo e Pairetto. Fortunato chi entrava nelle sue grazie. Ricordo i frenetici preparativi quando si organizzava il sorteggio, all'interno della segreteria con i due capi...»; dubbi? «Io e altri colleghi avevamo strane sensazioni.
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