Nel 2010 un infanticidio ogni 20 giorni, tragico bilancio italiano

Quasi undici anni dall’orrore di Cogne. L’incubo del mostro piombato da chissà dove, poi le incongruenze fino a materializzare i sospetti più atroci e incoffessabili. Annamaria Franzoni, la madre del piccolo Sammy sul banco degli imputati. Condannata. Primo, secondo e terzo grado.
L’Italia della «mamme per sempre», dei pupi coccolati e viziati sino a diventare quelli che Brunetta chiama «bamboccioni», sembra all’improvviso dissolversi in un turbine di violenza. Ce lo racconta l’Eurispes, dati alla mano. Cifre che spaventano e che ci parlano di un mondo diverso capovolto da un magma di malessere strisciante e silenzioso.
Nel 2010 è stato compiuto un infanticidio ogni 20 giorni. Un anno prima la cadenza era di uno ogni 33 giorni e, nel 2008, uno ogni 91. Impressionante anche il numero dei figlicidi, gli omicidi commessi da padri e madri: 39 nel biennio 2009-2010.
Gli specialisti utilizzano più o meno la stessa formula per provare a spiegare il perché delle donne assassine: crisi post partum.
Ma si può dire lo stesso per la fine Alessandro, il bimbo di otto mesi ucciso la notte del 15 marzo scorso in un lussuoso residence di Nervi? La mamma cocainomane, il suo fidanzato per la notte pure. La Corte d’Assise di Genova ha condannato lui, Giovanni Rasero giovane e aitante broker genovese, a 26 anni. Per Katerina Mathas, la madre, un po’ modella un po’ hostess, ma di certo ragazza allo sbando, il «giudizio» è sospeso. Prima scagionata, poi rimessa in discussione adesso rischia il processo.
E cosa dire della piccina di dieci mesi di San Felice Circeo arrivata con la testa fracassata in ospedale appena qualche giorno fa? Per ora sono indagati il padre separato e il nuovo compagno della donna.
Dura provare a spiegare tanta violenza, da parte delle mamme, con la solita favola del dopo parto.
«Questo tipo di depressione- spiegano medici e psicologi- partum è un disturbo di tipo depressivo, non psicotico che ha inizio ed evolve in maniera conclamata tra le otto e le dodici settimane dal parto. I sintomi definiscono un quadro molto simile a quello di un disturbo depressivo. Una caratteristica è la sua variabilità. I primi segnali possono essere fraintesi e venire scambiati per un normale stato di disagio legato alla stanchezza per il parto, per l’allattamento e per la riorganizzazione del proprio stile di vita».
Il rapporto dell’Eurispes calcola anche i costi economici da sostenere per la cura di una donna colpita da depressione post partum, disturbo che sembra incidere sul 10-20% della popolazione femminile. La forbice è decisamente larga e a questo punto forse non basta a spiegare cosa davvero stia accadendo. Così ecco le altre motivazioni che scatenano la follia omicida: la disperazione all’impossibilità di curare una malattia grave di un figlio o problemi legati all’affidamento nei casi di separazione.


Ma una cosa è certa. Incrociando i dati relativi alle risorse economiche necessarie per affrontare una terapia farmacologica e una psicoterapia, l’istituto di ricerche ha calcolato che un percorso di cura per ogni donna costa 3.392 euro.

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