Nel cielo del Bernabeu un fallimento galattico

Mezzomiliardo di euro in fumo. Il Real Madrid va fuori dall’Europa, i galattici finiscono sotto terra con un colpo di Miralem Pjanic, bosniaco di anni diciannove. È suo il gol della storia, l’1 a 1 che spegne il Bernabeu, che boccia i fantamilioni di Fiorentino Perez, che lancia in orbita l’Olympique di Lione di Puel, roba fatta in casa, senza sparare alla luna. È il bello del football, questo, la conferma di una filosofia che ogni tanto prevede il colpo a sorpresa, il coniglio che balza fuori dal cilindro, Davide che fa fesso Golia. Dovevate sentire i fischi dello stadio di Madrid verso Riccardino Kakà, quando Pellegrini, l’allenatore sul filo del licenziamento, lo ha sostituito, in ritardo, con il torero di casa Raul. Li ha sentiti sicuramente l’ex milanista che se l’è svignata senza stringere la mano di chi lo aspettava a bordo campo e degli altri sodali in panchina. La partita del Bernabeu sembrava una facile passeggiata per le meringhe. Dopo sei minuti era incominciata la remontada, in modo pure buffo. Hugo Lloris portiere del Lione aveva fatto l’uovo, il pallone calciato da CR9 era passato attraverso le sue gambe e il Bernabeu aveva pensato a una serata di fiesta y ovaciones. Partita con una sola trama: il Real Madrid in attacco continuo, spinto dagli uuh euforici del suo popolo e il Lione molto Olympique in semplice contropiede. CR9 sta, ovviamente, per Cristiano Ronaldo con il suo nuovo numero spagnolo, il 9 appunto, un passo aritmetico e tattico in avanti rispetto al 7 storico indossato con il Manchester United. Tanto per restare nel tema delle passioni e del romanticismo, il fattore R ha segnato questo turno delle coppe europee: Robben a Firenze, Ronaldo e Rooney tra il Bernabeu e l’Old Trafford. Pi il fattore P ha smazzato il tavolo.
L’1 a 0 del primo tempo ha rimesso in parità perfetta il risultato dell’andata con la netta sensazione che prima o poi il Real potesse sbloccare la pratica per evidente superiorità tecnica, un paio di palle gol buttate via da Higuain, molta schiuma ma poca polpa. Il Lione timidamente aveva anche provato a presentarsi davanti a Iker Casillas ma la pochezza di Makoun era naufragata sull’erba con mezza difesa spagnola in vacanza. Tutto qui, poco, quasi nulla per mettere in ansia il mezzo miliardo di euro messo assieme da Fiorentino Perez, fresco di compleanno, per la precisione anni sessantatré celebrati lunedì ma bisognosi di nuovo champagne europeo, sostituito da damigiane di amaro. Puel, l’allenatore del Lione, ha capito che qualcosa andava fatto per scuotere il miedo escenico, la paura del Bernabeu, che attanagliava i suoi. Ha tolto dalla corrida l’incredibile Boumsong, sì proprio lui, a Torino se ne parla ancora, inserendo Gonaloon e poi Kallstrom, il primo ha avuto un’occasione grandiosa, poi anche Govou e ancora Lopez, insomma i francesi hanno dato segni di risveglio mentre Rizzoli, rappresentante del calcio nostrano come arbitro, ha tenuto a bada alcune entrate preferendo la bontà alla severità, specie su un’entrata maledetta di Granero su Delgado. Per tenere fede alla propria fama, Nicola don Abbondio Rizzoli poi ha evitato di ammonire Lasse Diarra, già diffidato, dopo un contrasto forte con Delgado. Scarsissime notizie ha fornito Kakà, in edizione autunno inverno delle ultime stagioni rossonere, pallido, ingobbito nella corsa, fischiato prima, durante e dopo dai tifosi che si aspettavano e si aspettano altro dall’atleta di Cristo e di Pellegrini.

Il gol di Pjanic è arrivato dopo almeno quattro segnali di allarme per Casillas, i presuntuosi spagnoli si sono ritrovati con il sederino scoperto mentre il Bernabeu ha preso a seguire ogni giocata del Lione con gli olè: il toro ha la faccia del Real, il torero se la ride in francese.

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