Nel G10 è allarme inflazione

Il presidente di turno Trichet: rischi dal caro-petrolio, occorre agire preventivamente con un rialzo dei tassi

da Milano

La crescita mondiale è «forte e più equilibrata», ma i rischi inflazionistici indotti dal caro-petrolio non consentono di abbassare la guardia. Dunque, occorre esercitare «una forte vigilanza». Presidente di turno del G10, Jean-Claude Trichet è tornato ieri ad affrontare i temi caldi già trattati la scorsa settimana al termine della riunione in cui la Bce aveva deciso di lasciare invariati i tassi al 2,50%.
Tra i banchieri centrali delle principali economie mondiali c’è del resto la stessa percezione dei pericoli portati dal rialzo dei prezzi del greggio. Seppur non si siano ancora materializzate le cosiddette ripercussioni di secondo livello, ovvero le spinte inflazionistiche derivanti dalle richieste salariali, «non c’è tempo per l’autocompiacimento», ha sottolineato Trichet. Che oltre a richiamare ancora una volta la necessità di un funzionamento più efficace e trasparente del mercato petrolifero, sul quale finirà per pesare la nazionalizzazione dell’industria boliviana degli idrocarburi, ha di nuovo individuato nel serrato monitoraggio dell’inflazione il primo compito delle banche centrali. Al quale deve far seguito un’azione di prevenzione che passa per forza di cose attraverso un aumento dei tassi. Sarebbe infatti «troppo tardi» agire quando questi effetti di second round fossero diventati evidenti. Il numero uno della Bce ha quindi aggiunto che c’è una tendenza al rialzo dei tassi a lungo termine, un fenomeno che potrebbe essere ricondotto all’accorciamento della forbice tra risparmi e investimenti rispetto al passato, anche se «la questione è ancora in discussione», ha detto Jean Claude Trichet.
I nodi legati all’andamento dei cambi non sono invece stati affrontati durante la riunione di Basilea. «Non abbiamo discusso di tassi di cambio - ha spiegato -. Siamo in linea con cosa è stato discusso nei recenti eventi internazionali. La scorsa settimana, Trichet aveva negato l’esistenza di un accordo preso nell’ultimo vertice del G7 per svalutare il dollaro. Al di là delle smentite (anche il segretario al Tesoro Usa, John Snow, aveva di recente ribadito la volontà di perseguire la politica del dollaro forte), il biglietto verde continua a indebolirsi (l’euro ha sfiorato anche ieri quota 1,28) con l’avvicinarsi della riunione di domani in cui la Federal Reserve potrebbe decidere l’ultima stretta prima dell’eventuale pausa già annunciata dal presidente Ben Bernanke.


Il leader dell’istituto di Francoforte ha infine detto di considerare la crescita di Eurolandia «vicino al potenziale» e ha individuato tra i rischi anche il protezionismo, fonte di inflazione e ostacolo all’azione di contrasto della politica monetaria.

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