Nel Milan del rischiatutto fiducia a Pirlo e Abbiati

nostro inviato a Milanello

Il rischio, per il Milan, è dietro l’angolo. C’è il rischio di farsi deprimere dalla partenza fasulla, di perdere per strada fiducia e credito e d’infilarsi dentro il tunnel lasciandosi schiacciare dal primato interista. «Lo so, la rivalità con l’Inter è devastante» confessa in pubblico Allegri, per la prima volta alla prese con questo nervo scoperto. Il rischio, per il Milan, è sotto gli occhi di tutti: in subbuglio il popolo dei tifosi, la critica con i fucili spianati, la società in nervosa attesa. Sembra di rivivere lo psico-dramma di un anno fa. Accadde a Leonardo attraversare notti agitate prima del colpo di coda con la Roma, maturato nell’intervallo, sotto di un gol, con il burrone a un passo, ascoltando il consiglio dell’amico-dirigente Galliani («Leo butta dentro un altro attaccante»; arrivò Inzaghi al posto di Abate, Pato si decentrò a destra, e prese forma il famoso 4-2-fantasia).
Allegri può opporre la sua fiducia di cemento armato. «Riusciremo a fare cose importanti, magari infileremo 5 vittorie di fila» promette Allegri. E nel frattempo si affida a qualche esempio per cancellare dalle facce dei suoi le nuvole minacciose rappresentate dal misero punto conquistato tra Cesena e Catania. «Anche la Juve ha i nostri stessi punti eppure c’è un clima d’euforia a Torino. Anche la Roma l’anno prima cominciò in ritardo e poi arrivò a un punto dallo scudetto» le sue osservazioni dedicate più allo spogliatoio proprio che all’esterno. «Non tutto è da buttare come viene detto» insiste Allegri che si definisce persona di grande equilibrio e in queste ore deve fare i conti anche con una piccola emergenza. Non ha Pato nè Ambrosini disponibili, Flamini e Robinho, potenziali sostituti, sono in ritardo di condizione: al massimo possono partire dalla panchina scaldandosi in vista del Genoa. Inzaghi non è più un giovanotto anche se la sua esibizione, a 37 anni, è di quelle che lasciano sempre di stucco. Impossibile perciò praticare l’indispensabile turn-over, specie a centrocampo dove mancano rincalzi.
Ma forse la convinzione più importante sostenuta ieri da Allegri riguarda il suo marchio di fabbrica. «Non abbiamo un problema tattico» è lo slogan. Forse per non mettere in discussione lo schieramento e neanche alcuni esponenti di spicco della squadra. «Ci sono stati errori dei singoli, non della squadra» la sua idea fissa che ripete fino alla noia per ricacciare indietro il sospetto che finora si sia comportato come quell’educato visitatore arrivato in un negozio di ceramica, attento, molto attento, troppo attento a non toccare la preziosa merce per non scheggiarla. No, è il momento, appena i ranghi saranno completi, di mettere mano alle scelte più complicate. Magari con l’esclusione di Seedorf, apparso col Catania in debito di ossigeno al pari di Bonera, rimasto ieri a casa per recuperare energie.
Il rischio, per il Milan, è evidente, eppure Allegri non si lascia tentare da qualche ribaltone clamoroso. Per esempio Pirlo e Abbiati, i due finiti nell’occhio del mirino di critica e tifosi. Su entrambi, il tecnico livornese, è tutt’altro che evasivo. «Giocheranno tutti e due dal primo minuto» assicura. E nel caso del portiere la motivazione è tutt’altro che peregrina. «Non esiste cambiare portiere, ho fatto una scelta, la sostengo, il portiere è diverso dagli altri ruoli» la spiegazione didascalica da sottoscrivere. Il punto è l’affidabilità di Abbiati partito senza l’ombra di Dida, per la prima volta dopo molti anni. Ha alle spalle Amelia, non certo un pericoloso rivale, liquidato dal Genoa per evidente sfiducia del suo tecnico Gasperini che a un certo punto gli preferì persino Scarpi. Farsi lacerare dal dubbio, significherebbe aprire un altro fronte interno.

Storari, che l’anno scorso rimediò a critiche situazioni, non c’è più. Così Pirlo, del quale non si discute il talento, semmai l’usura: dal 29 agosto, tra Milan e nazionale, non si è mai fermato, 5 partite in poco più di tre settimane.

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