Roma

Nel mondo dominato dalle clip la video arte cerca un’«isola felice»

È «Corpus T. City - Romastratta (2008-2009)» di Basmati, progetto di ricerca dedicato alle immagini sperimentali tra disegno, pittura, grafica, fotografia e video, l’ultimo film entrato a far parte della sezione di video d’arte dell’Istituto nazionale per la Grafica. Con oltre cento titoli realizzati dalla fine degli anni Settanta - quando a sperimentare la tecnica erano quasi esclusivamente i pittori - a oggi, in un trionfo di grandi «firme», da Studio Azzurro a Paolo Gioli, la collezione curata da Antonella Renzitti si propone come un vero e proprio punto di riferimento del genere, anche se sono in pochi, perfino tra i romani, a sapere della sua esistenza e ricchezza. Questione di scarsa «educazione», cui potrebbe presto supplire l’Istituto stesso con mostre e percorsi di visita mirati a suscitare, in particolare, l’attenzione dei più giovani. «Siamo abituati al problema ideologico della diffidenza della gente, perfino della critica, verso questa forma d’arte - commenta Maria Antonella Fusco, direttrice dell’Istituto - Manca ancora la cultura di queste espressioni d’autore. Occorre operare una netta distinzione tra i video commerciali e quelli d’artista».
Intanto, con una politica di acquisizioni, donazioni e committenze, le collezioni crescono, a cominciare proprio dagli «scatti». Da Mario Giacomelli a Gianni Berengo Gardin, da Mimmo Iodice a Gabriele Basilico, da Giorgia Fiorio a William Klein, i lavori di autori contemporanei costituiscono più del 20% dell’intera sezione di fotografia d’arte, curata da Maria Francesca Bonetti, che vanta 16mila immagini tra dagherrotipi, negativi, positivi. Tra le nuove acquisizioni, a breve oggetto di una mostra ad hoc che rientrerà nelle celebrazioni del 35° anniversario dell’Istituto, le opere dell'israeliano Adi Nes.
«A oggi, il grosso delle acquisizioni - dichiara la Fusco - avviene tramite mostra.

Per arricchire ulteriormente percorso e archivio, confidiamo in una sorta di competizione virtuosa tra artisti determinata proprio dall'autorevolezza della collezione».

Commenti