Nel nome di Graffer una scuola di vita e di alpinismo

Rolly Marchi

Graffer è un nome emblematico nella storia dei monti del Trentino, pareti verticali e neve in egual misura. Il primo della dinastia, Nino, è stato «l'inventore» delle sciovie, il fratello Giorgio, eroico pilota da caccia aerea, è stato un Manolo precursore. Negli anni 30 tornava a Trento per una licenza, lasciava la divisa e si vestiva da scalatore, saliva in Brenta e apriva una nuova via di sesto grado sul campanile basso e anche una di quinto legandosi alla corda la sorella Rita. Poi, ahimè, lasciò la vita durante la guerra nel cielo di Grecia e i suoi amici delle cime vollero onorarlo per sempre dando vita a una Scuola di roccia, la prima in Italia. I promotori avevano nome Nino Menestrina e Guido Viberal, i primi istruttori furono Bruno Detassis, direttore, Sandro Disertori, Vittorio Corradini e Cesare Scotoni. Era l'estate del 1941 e la tradizione è poi sempre continuata, nel Gruppo di Brenta, per i corsi di roccia ma ne esistono altri due per il ghiaccio e lo sci alpinismo. Direttore è Mario Loss e la sede è a Trento nell'austero palazzo della «Madre dell'Alpinismo Tridentino», la SAT. I princìpi fondamentali e i corsi avvengono in rigorosa serietà e si concludono, spero come ai miei tempi, con una notte di grande allegria. Ma quello che più conta è il primo aspetto perché alla scuola si imparano quelli che sono e devono essere i fondamentali, dalla attrezzatura al primo contatto con una parete, dai nodi alle corde doppie. Da come uscire da una nevicata o da tuoni e fulmini di un improvviso temporale. Oggi si affrontano con troppa allegria falesie e brevi strapiombi di sesto grado, poi una nube o un acquazzone coinvolgono una cordata a metà parete di terzo grado e i malcapitati non sanno come cavarsela. No. Alla Graffer si insegna tutto con molto rigore e il nome di Giorgio cui è dedicata ricorre spesso e se ne mostrano anche immagini di lui nei momenti più felici delle sue ascese. Momenti che sono anche eternati adesso in un bellissimo volume dal titolo Il cielo di Giorgio Graffer (Editrice Rendena) che la nipote Piera Graffer, che all'età di quattordici anni annodai alla mia corda per donarle la gioia della cima del Campanile Basso, mi ha consegnato proprio la scorsa settimana al museo Caproni di Trento dove lo zio è perennemente ricordato come merita.

Nel libro, che consiglio, ci sono parecchie pagine dedicate non solo alla vita dello scalatore ma anche alla medaglia d'oro della sua audacia aerea. Excelsior!

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