Anticipiamo l’articolo di Don Luigi M. Verzé che uscirà sulla rivista Kos il 7 ottobre. Kos è il bimestrale di cultura, medicina e scienze umane dell’Editrice San Raffaele che intende promuovere la visione della cultura propria del San Raffaele: da un lato la riflessione filosofica, dall’altro quella scientifica. Il numero tra pochi giorni in libreria è dedicato ai rapporti tra politica e religione, con interventi - tra gli altri - di Sergio Romano, Giovanni Filoramo e del Cardinale Carlo Maria Martini.
di don Luigi Verzè*
Se non fosse perché ho l’età, non indulgerei a parlare di politica, tanto meno di religione. Sintetizzo qualche mia opzione.
Quanto a politica ne ho viste di tutti i colori. Ho convissuto con il Fascismo senza alcun mio interesse personale. Allora badavo a studiare i Padri della Chiesa, S. Giovanni Crisostomo in particolare, dal quale attinsi anche idee politiche, o meglio di politica e di religione. Non tollerava – era Vescovo di Costantinopoli – la disparità tra ricchi e poveri, ma soprattutto il lusso e gli sprechi della imperatrice Eudossia che per i suoi cavalli usava bardature e greppie d’oro, come Cleopatra. Oro e gioielli addosso alle sue dame e cortigiani che, senza pudore, insieme alla poveraglia ascoltavano le omelie irruenti dalla sua bocca d’oro. Così si guadagnò di morire in esilio sul Mar Nero con nella bocca d’oro le parole: «Gloria a Dio per tutte le cose». Eravamo nel 400 d.C.
Ebbi solo un incontro squisitamente fascista: mi preparavo all’esame di maturità classica ed era d’obbligo l’esame in ginnastica, come in cultura militare. Camminando soletto, nero-vestito in braghe e giacchetta, incrociai un gruppetto di alti notabili in divisa. Tentai di svignarmela, ma uno di quelli mi bloccò: attenti! Più magrolino che mai, accostai i tacchi e tremolando sussurrai: «Ma io vado prete!». La voce del più alto e più graduato tuonò: «Potrai, almeno, salutare!». Allungai, rigido, mano e braccio destro. Quel saluto romano fu il mio unico segno di appartenenza all’epoca fascista.
Con il Fascismo ho visto l’Hitlerismo, lo Stanilismo, il Caudillismo, il Degasperismo o Sturzismo con tutti i loro derivati, bombardamenti compresi. Ma ho visto e goduto con i miei sciuscià anche l’Americanismo e i benefici del Piano Marshall. Ho visto anche il Degollismo, il Craxismo soffocato in sul nascere. Ho visto, perfino, il Castrismo e l’ho aiutato a togliersi il tabù contro il Cattolicesimo. Anche Gheddafi l’ho incoraggiato ad avvicinarsi all’Italia, pur tenendo a bada le tribù berbere e beduine.
Esaurite le contrapposizioni massimaliste, ora sto vedendo il Berlusconismo. Non mi esprimo, perché di questo intelligente e orgoglioso italiano sono vero amico e so che il patrimonio della sofferenza ce l’ha: per un intelligente quel patrimonio vale più di qualsiasi altro. Solo vorrei che il Signore gli desse lumi per aiutare l’Europa a essere più degna della sua cultura e del suo cristianesimo.
Sempre in tema di politica, debbo confessare che il mio ideale di uomo politico è l’ateniese Pericle, figlio di Santippe, vissuto quattrocento anni prima di Cristo, di progenie aristocratica e ricca. La sua formazione politica originava dall’Aeropago, una specie di club house all’aperto, su una collina rigogliosa di olivi, tamerici e pini italici. Vi si radunavano i cervelli più raffinati in ogni scienza, anche teodicea, oltre che filosofica e politica.
Pericle, ispiratosi a Temistocle, può dirsi l’inventore della democrazia (demo-crazia = potere al popolo). Avversò e superò gli interessi di classe. Con la sua condotta e la sua cultura si guadagnò spontaneamente (oggi si direbbe con la maggioranza elettorale) la carica di Stratego che esercitò per trent’anni. Istituì l’eliea o tribunale, eletto democraticamente, per la vigilanza sulla politica democratica. Il suo ideale: la libertà individuale e la pace. Perciò, stipulò con l’eterna nemica Sparta una pace trentennale, quale barriera contro le voglie imperiali persiane. Avviò una politica liberale basata sull’associazionismo (cooperative ante-litteram) d’arte e mestiere. Creò inoltre il Consiglio dei Cinquecento per aiutare nei cittadini la consapevolezza di essere i veri artefici del progresso e della civiltà. Esaltò il primato della cultura. Da ciò il Partenone con le grandi sculture di Fidia. Sospinse la scuola di filosofia con Anassagora, il quale insegnava che tutto l’universo ha il suo epicentro nell’intelligenza o nous - ordinatrice delle particelle, che Democrito subito dopo chiamerà atomi; forse oggi li chiamerebbe adroni.
Pericle divenne campione nella promozione del bello e del buono. Costruì molti templi famosi, dedicati ad ogni devozione, simboli delle virtù umane. Con tutto ciò impresse ad Atene un che di eternità e stagliò la cornice entro la quale emersero molti grandi pensatori: tra tutti, Socrate e Platone.
Alla luce di quanto sopra, nulla mi periterei di chiedere ai governanti di oggi, neppure di durare per trent’anni. Io la penso come Kant: «La legge morale in noi e il cielo stellato sopra di noi».
Ho citato abbondantemente Pericle per avvalorare la mia modesta opinione: far politica e governare senza cultura (ma non la cultura d’oggi che è solo ostracismo) non è degno di noi uomini, tanto più italiani. Cultura politica non è partitismo. Penso ad una scuola di alta e altissima cultura politica, di politica economica, politica finanziaria, politica delle riforme, politica del globalismo ecc. Ma una scuola, insieme, integrata di filosofia metodica, di umanesimo, o valore divino dell’uomo. Una scuola degna di un Paese che è la più prestigiosa culla della civiltà.
Sono finiti i confronti tra estremismi. Carlo Marx e Max Weber sono conciliabili, a condizione di sapere e quindi insegnare che i beni della terra compresa la libertà sono di tutti. Che tutti siamo chiamati a produrre e distribuire tali beni, la cultura soprattutto. Che tutte le opinioni sono accettabili se gestite civilmente e non da galli da briga sanguinari e pettegoloni.
Ora debbo dire la mia opinione su «politica e religione». Non sono un ecclesiastico, sono soltanto sacerdote cattolico. Non credo alla teocrazia, neppure a quella che utilizza il Cristo come mezzo di potere e per catturar denaro.
È errato interpretare la storia di Israele come sistema teocratico. A Dio ci si ispirava, ma il potere era affidato a condottieri tipo Mosé Saul David, piuttosto disinvolto in rapporti extraconiugali, Salomone, il sapiente, ma donnaiolo peggio di David. Il potere qualche volta toccava anche alle donne di alto valore strategico-intellettuale, quali Debora e Giuditta. Tutti condottieri protesi, soprattutto, a salvaguardare dalla idolatria il popolo eletto, terreno riservato all’avvento del Verbo Incarnato.
Con il Cristo vera religione è dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, evitando ogni mistura di competenza anche quando i governanti fossero discoli, come dirà Pietro. Gesù era indulgente verso i peccatori e le peccatrici pubblici, ma detestava quei pavoni che si erigevano color papavero sugli artigli per impietosamente condannare in nome di Dio. A Gesù fan tenerezza quelli che, a capo basso per carico peccaminoso, in silenzio, chiedono a Dio pietà: questa è vera religione. La denuncia in pubblico è politica pubblicitaria, non religione. Quando il Cristianesimo è divenuto politica ha menato strage fra cristiani e no.
Prima di salire in cielo, Gesù disse: «Mi è stato dato ogni autorizzazione in cielo e in terra: andate dunque ad insegnare» (Mt 28,18). Exousia, infatti, non significa imposizione, né sopraffazione, ma autorizzazione in nome di Dio a fare il massimo del bene per escludere il male.
Paolo di Tarso, il più serrato apostolo di Cristo, così insegnava ai cristiani di Roma: «Rendete alle autorità costituite quello che è loro dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il rispetto, il rispetto. Infatti, il precetto non commettere adulterio, non rubare e qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso», quindi anche le autorità costituite. L’amore non fa male al prossimo, conclude Paolo. Primo compimento della legge e l’amore (Rm 13,1-10).
Questa è religione essenziale. Stato del Vaticano e Santa Sede si possono tollerare perché la storia ce li ha portati in eredità, ma sono accidentali. Così le Nunziature ecc. Il sostanziale, però, è insegnare che il Regno di Dio non è di questo mondo e che il Regno di Dio è dentro di noi e, soprattutto, che il Verbo abita ormai nel nostro genoma. Questa è la religione, il resto è corteccia precaria.
Basta, dunque, frenare, la scienza come attrito alla fede! Basta imporre un’etica cui nessuno bada! Religione è insegnare di che cosa è fatto l’uomo e quindi chi è. Insuffliamo la cultura sull’uomo illustrando il come Dio l’ha stimato incarnandovisi. Dio che sta sempre aspettando, disse di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle. Non disse di cacciare fuori quelle rognose e ingrugnite, come s’usa con la scomunica.
Mi permetto di dire tutto ciò solo perché ho l’età.
* Preside della Fondazione
San Raffaele e Rettore
dell’Università Vita-Salute
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