Nel pubblico impiego donne attive fino ai 65 come imposto dall’Ue

Saranno le dipendenti donne dell’amministrazione pubblica le «apripista» della riforma previdenziale. Se per l’adeguamento automatico dell’età di pensione si incomincia nel 2015, per le dipendenti pubbliche si incomincia assai prima, cioè a partire dall’anno prossimo. Dal 2010, l’età della pensione per le donne della Pubblica amministrazione aumenterà di un anno ogni due: 61 dal primo gennaio 2010 fino al 31 dicembre 2011; 62 anni dal primo gennaio 2012 al 31 dicembre 2013; 63 anni dal primo gennaio 2014 al 31 dicembre 2015; 64 anni dal primo gennaio 2016 al 31 dicembre 2017. Dal primo gennaio 2018, tutte in pensione di vecchiaia a 65 anni, proprio come gli uomini. La riforma è stata imposta da una sentenza della Corte di giustizia europea, che nella normativa finora in vigore ha individuato una discriminazione a sfavore delle impiegate pubbliche. Riforma obbligata, dunque. Ma anche positiva per la spesa previdenziale, che al 2018 dovrebbe ridursi di 2,5 miliardi di euro, grazie a 30mila pensioni in meno da corrispondere.

I risparmi, prevede il testo dell’emendamento al decreto anticrisi, saranno comunque utilizzati per il welfare delle donne e per quello familiare, dunque i soldi ritorneranno in qualche modo alle donne che lavorano nella Pubblica amministrazione.

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