nostro inviato a Brescia
Cera anche Najat fra loro. La sua presenza e il carico della sua storia non potevano mancare ieri a Brescia. Marocchina, vittima della furia di un marito violento, succube della poligamia da lui stesso impostale allimprovviso, Najat Hadi ha passato una notte in pullman, ha affrontato un viaggio carico di speranze, da Roma a Brescia, per manifestare il suo sdegno e la sua rabbia, per ricordare che lei come tante altre donne ha conosciuto la follia integralista di una cultura maschilista e che di Hina ha rischiato di fare la fine. Ma Najat non era sola. «Ad appoggiare la nostra battaglia cerano tante italiane. Non mi aspettavo una così massiccia partecipazione», dice Dounia Ettaib, vicepresidente di Acmid, lassociazione donne marocchine, da tempo impegnata nella battaglia contro gli abusi e le violenze sulle donne.
Sono partite da Roma, Milano, Torino, dalle Marche. Pullman carichi di donne, ma anche di rappresentanti della società civile e delle comunità religiose. Musulmani, laici ed esponenti della comunità ebraica. Fra le 350 e le 400 persone che ieri hanno voluto essere a Brescia, come limam di Torino, Abou Anas e il vicepresidente degli Amici di Israele, Davide Romano. Ma soprattutto donne, tante donne. Filippine, somale, algerine. Fuori dal tribunale, il messaggio: «Io sono Hina». Cioè siamo, sono tutte Hina. E come Hina anche loro vogliono dire basta alla violenza e alla sopraffazione.
Adriana Bolchini, presidente dellOsservatorio del Diritto italiano e internazionale, anche a qualche ora dalla fine delludienza non riesce a controllare la commozione: «Non possiamo tornare al medioevo. Dobbiamo batterci contro queste mostruosità», dice con la voce rotta. Lei ieri non è riuscita a trattenere la rabbia. A udienza finita, appresa la notizia del rifiuto di accogliere la costituzione di parte civile dellAcmid, è stata la prima a urlare «Vergogna».
Il viaggio delle donne, il viaggio di musulmani, ebraici, cristiani e laici si è chiuso con una grande amarezza. A casa si torna sugli stessi pullman che erano arrivati a Brescia carichi di speranza.
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