Nel Veneto del sorpasso mancato il Pdl allunga sugli alleati-sfidanti

Tutti a parlare di sorpasso, e il sorpasso non c’è stato. E nemmeno la Lega ha fatto il vuoto nel Nordest. I numeri dicono che in Veneto il vincitore si chiama Popolo della libertà. Un anno fa, il 13 aprile, Pdl e Lega Nord erano divisi da 8.046 voti. Il Carroccio aveva addirittura superato di 20mila voti il partito di Silvio Berlusconi nel collegio Veneto 1 (Verona, Vicenza, Padova, Rovigo) ed era saldamente la prima forza anche a Treviso. Il sorpasso c’era già stato allora, da 14 mesi il Veneto è la regione più leghista d’Italia, più delle province lumbard dove il Carroccio spopola da vent’anni.
Oggi bisognava verificare se la Lega avrebbe mantenuto quel primato parziale (che paradossalmente riguarda più le zone di montagna che la Pianura padana) e se sarebbe stata capace di estenderlo ai capoluoghi tradizionalmente più freddi verso il Sole delle Alpi: Padova, Venezia, Rovigo. Le risposte sono chiare: la Lega ha consolidato la supremazia nelle zone pedemontane senza però muoversi da lì. In provincia di Padova il Pdl è al 31,8 per cento e il Carroccio al 23,7, mentre nelle province di Venezia e Rovigo il partito di Umberto Bossi è addirittura terzo dietro anche al Pd.
Ma il dato più importante, quello più simbolico, è che il distacco dal Pdl è cresciuto. Gli ottomila voti che un anno fa separavano i due alleati di governo oggi sono saliti a 25.742; 29,33 per cento contro 28,38. Un punto percentuale tondo tondo, quello che consente al governatore Giancarlo Galan di esultare perché «per un punto Martin perse la cappa».
Questo non vuol dire che la Lega sia andata male, tutt’altro. Ha raddoppiato i consensi rispetto alle Europee del 2004. I suoi candidati (comuni al Pdl) hanno strappato amministrazioni locali al centrosinistra o si presenteranno in testa ai ballottaggi. La forza di figure come Luca Zaia, Flavio Tosi, Giampaolo Gobbo è consolidata, mentre si affacciano volti nuovi come quello di Francesca Zaccariotto, sindaco di San Donà di Piave probabile nuovo presidente della provincia di Venezia, feudo del centrosinistra. E nulla è precluso per la poltrona di governatore in palio fra un anno.
Il sorpasso mancato tuttavia potrebbe avere un altro significato, che Bossi e i suoi luogotenenti farebbero bene a non sottovalutare. Significherebbe cioè che al Nord la Lega ha toccato il massimo. Il Carroccio che guadagna in tutta Italia fuorché in Veneto e Lombardia dimostra che nella Padania difficilmente potrà andare meglio di così. Se nemmeno il decreto sicurezza e le ronde (sperimentate e messe a punto proprio in Veneto) valgono a fare della Lega il primo partito della regione, significa che al Nord quota 30 per cento non è un trampolino di lancio ma un traguardo.
Ora un compito duplice attende Bossi e i suoi: stabilizzare il consenso nel Lombardo-Veneto e allargarlo altrove, a cominciare dalle Regioni rosse.

Liguria, Emilia, Toscana (dove la Lega ha eletto un europarlamentare), Marche sono il prossimo bacino di espansione, se il partito non si farà prendere la mano dalla conquista del potere. Un’operazione che allontana Berlusconi dall’agognato 51 per cento ma che stabilizza comunque il governo. Sempre che l’asse Lega-Pdl resista.
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