Politica

Nell’«Anno Zero» di Michele Santoro Milano diventa la capitale del degrado

Stefano Filippi

Anno zero, si chiama così il nuovo programma di Michele Santoro. Anno zero, ogni cosa riparte da capo, come quando nacque Gesù o fu fondata Roma. «Michele chi» ritorna in video dopo quattro anni e fa tabula rasa. Cambiato il format del programma (via i dibattiti, solo monologhi suoi o di Marco Travaglio), nuovo colore ai capelli, servizi filmati ricalcati dalla concorrenza di Report e Lucignolo. Resta la faziosità. Prima puntata dedicata a Milano. L'unica grande città amministrata dal centrodestra presa come concentrato delle schifezze d'Italia. La capitale dell'evasione fiscale dove le case popolari sono infestate dai topi e dall'amianto, le immondizie lasciate per le strade, gli stranieri schiavizzati e picchiati da giovani impuniti che ricevono pure gli applausi degli anziani di Rogoredo.
C'era una volta il Santoro cronista partigiano ma brillante, pungente, graffiante. Ora c'è un ex europarlamentare ds appesantito e noioso, che denuncia miserie e soprusi fasciato in una grisaglia di alta sartoria. Che non invita nemmeno un assessore di Rho per salvare la faccia di una «par condicio» che dalle sue parti non esiste. Che bastona la raccolta dei rifiuti sotto la Madonnina e tace sugli spazzini di Napoli fermi da 15 giorni. Che condanna i giovani milanesi delle «white», le case dei bianchi che picchiano i neri, e ignora le mille San Salvario d'Italia. Che prende in giro un'azienda di Paolo Berlusconi importatrice di merci cinesi e sfiora appena le figuracce di Prodi e relativo staff sul caso Telecom: lo fa in chiusura di trasmissione al termine dell'intervista di Rula Jebreal a Fausto Bertinotti.
Santoro invecchiato e prevedibile. «So che in tanti dall'altra parte sono un po' impazienti: hanno dovuto aspettare quattro lunghi anni - pontifica alle 21,27 quando finalmente appare dopo un filmato di venti minuti -. Ma alla fine siamo qui, sulla stessa rete, alla stessa ora. Grazie a chi ci ha aspettato, soprattutto a quelli che non ci sono molto simpatici ma che ci hanno aspettato lo stesso». Ammette di essere un privilegiato. Una specie di Robin Hood in gessato: «Reagire e battersi per i propri diritti è un lusso che non tutti si possono permettere. Ci sono tante persone che ogni giorno devono piegare la testa e ingoiare il rospo». Lui ha ingoiato per quattro anni, ora basta. Santoro sputasentenze e rancoroso. Cita la Costituzione: «Nessuno può essere privato della sua dignità, siamo tutti uguali davanti alla legge, tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero». A partire da Gianni Riotta, nuovo direttore del Tg1 cui augura buon lavoro, per finire con Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Sabina Guzzanti. «Ogni puntata in cui riuscirò ad andare in onda farò una domandina scomoda: perché non sono ancora tornati in tv?».
Appare in compenso la contessina Beatrice Borromeo, bella e bionda vera, primo volto di Anno zero, che introduce i servizi in esterno con domande taglienti: «Perché chi è nato a Milano e chi ci abita non deve sentirsi parte della stessa città? E Milano dov'è?». A lei pochi secondi per raccontare di essere tranquilla quando arriva la sera tardi alla stazione centrale di Milano («ma sento che attorno a me cresce la paura») e spazio alle immagini. Filmati drammatici: storie di clandestini e lavoratori in nero, case cadenti, donne malate, giovani giustizieri. Oscar, 29 anni di Rogoredo, testa rasata, magazziniere in una coop e odontotecnico mancato, ripete in studio le cose già dette sotto casa: che gli stranieri non lavorano, stanno al bar a bere birra e molestare la gente, dunque si meritano ogni tanto un richiamo all'ordine. Spranghe?, chiede Santoro. No, solo le mani, sorride il giovane. È Milano.
Musiche dolenti di Nicola Piovani. Sberleffi a Matteo Cambi, giovane imprenditore di Parma che ha inventato il marchio di abbigliamento Guru e mostra soddisfatto la sua casa ricca e comoda. Botte agli immobiliaristi lucratori come Luigi Zunino, che costruiscono quartieri avveniristici come Milano Santa Giulia. E infine il comandante Fausto, che scandisce: «Il capitalismo avanzato ci ha fatto riscoprire la schiavitù, questa situazione richiede una ribellione. La legge Bossi-Fini dev'essere abrogata ed esonerati da ogni allungamento dell'età pensionabile tutti i lavoratori manuali».

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