nostro inviato a Mosca
Fino a non molti anni fa, vedere una sfilata con le bandiere rosse - dotate di falce e martello regolamentari - per le strade di San Pietroburgo era la normalità. Anche ieri, i comunisti si sono fatti vivi in città, agitando le loro bandiere: stavolta, però, sono stati affrontati dalla polizia e dagli agenti delle forze speciali anti-sommossa.
Erano circa trecento i militanti comunisti, giovani e anziani, radunati nel centro di San Pietroburgo per protestare contro il vertice del G8. Nonostante l'autorizzazione delle autorità cittadine e della polizia, manifestanti e forze speciali sono subito venuti in contatto. Ci sono state brevi colluttazioni, quindi i comunisti nostalgici con le loro bandiere rosse sono stati scortati dalle forze speciali, gli Omon, fino ad una piazza della periferia, dove è stato loro concesso di tenere un comizio. Alcuni militanti no global hanno tentato di aggregarsi ai «rossi», ma gli agenti li hanno subito fermati, per evitare improprie contaminazioni.
Dopo molti vertici caratterizzati dalle contromanifestazioni dei movimenti no global ed antagonisti, da Genova a Gleneagles, il primo summit russo ha messo gli antagonisti ai margini. Per la precisione, li ha messi all'interno dello stadio cittadino «Kirov», ben lontani sia dal centro di San Pietroburgo che dai luoghi del vertice. No global e manifestanti hanno avuto il permesso di riunirsi nello stadio, a patto di evitare ogni manifestazione esterna ed ogni corteo. La partecipazione alla protesta si è dunque affievolita. Inoltre, il benvenuto in città, da parte degli agenti, non è stato davvero amichevole: una dozzina di attivisti, fra cui due cittadini tedeschi e uno svizzero, sono stati fermati non appena messo piede a san Pietroburgo, accusati di reati come «aver urinato per strada», «provocato la polizia con frasi sconvenienti», o genericamente di «violenze». Il quadro dipinto dalle autorità è del tutto differente: «Quando arrestiamo per strada qualche ubriaco - spiega il vice capo del ministero degli Interni Alexander Chekalin - e tentiamo di identificarlo, immediatamente si iscrive al movimento non global, qualificandosi come un attivista che partecipa al Russian Social Forum».
Il controvertice si svolge dunque, in tono minore, allo stadio «Kirov», con partecipazione ridotta rispetto ad anni passati. Il movimento non global parla di 50 mila attivisti riuniti all'interno dell'impianto sportivo, cifra che le autorità si guardano dal confermare. I leader no global hanno chiesto di poter manifestare all'esterno, ottenendo un netto rifiuto. «Lo stadio è diventato una prigione», lamenta Vittorio Agnoletto. L'europarlamentare della sinistra, appena arrivato in città per partecipare al controvertice, afferma di non aver mai visto una cosa simile. «È la prima volta che mi capita» giura. I contestatori sono disorientati. Agnoletto è comunque riuscito a organizzare una protesta di fronte al Terminal marittimo, da dove partono gli aliscafi che portano i giornalisti nel centro stampa accanto al palazzo Konstantinovskij, dove i Grandi sono riuniti in vertice. Molte le critiche nei confronti di Vladimir Putin, accusato di scarsi sentimenti democratici per aver gestito con dura efficienza l'apparato della sicurezza del vertice.
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